“Come Lupi tra le pecore”, recensione

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Nel codice penale tedesco esiste il provvedimento SS86a che disciplina in modo molto severo l’abuso, la distribuzione e il pubblico utilizzo di simbologie legate ad associazioni non costituzionali…

In questi ultimi mesi il mondo del black metal ha avuto un’inusuale e discorde risonanza letteraria; infatti sin dal propedeutico Lords of Chaos , sempre edito dalla Tsunami, l’interesse di molti editori ha evidenziato un richiamo nero, mai come oggi così intenso. Se già il volume di Michael Moynihan e Didrik Søderlind ha rappresentato la storia di una realtà a tratti davvero estrema, è con Come lupi tra le pecore che il lettore potrà inabissarsi nel nereggiante mare oltre l’estremo, ai bordi di quello che ancora oggi è un indefesso oltranzismo che porta il nome di NSBM (National Socialist Black Metal).

Le quasi 600(!!) pagine, raccontate da Davide Maspero e Max Ribaric, affrontano il controverso mondo black applicato all’egida della croce uncinata che, a differenza del valore provocatorio che ebbe il punk, assume con il NSBM una storica accezione intercalata al secolo breve. La concettualità del superomismo si unisce al razzismo, alla ferocia surreale e al cruento parental advisory di una giungla nera il cui substrato territoriale trova follia e lucidità. Le storie raccontate si incentrano sul livello prettamente narrativo di una cronaca super partes, priva ( o quasi) di opinionismo.

L’elitario movimento di cui si occupa questa Storia e ideologia del black metal nazionalsocialista si presenta come un infinita rete underground, pronta a sostituire (almeno in parte) il pentacolo con la logica della svastica, stigma che definisce e garantisce la certezza di rimanere ai margini del sistema, un isolamento volontario simile a quello imposto dal pure black metal.

Il libro, dopo una splendida incursione iniziatica, sottolinea come la musica, qualunque essa sia, possa rappresentare un mezzo con cui divulgare idee, creare consenso, sensibilizzare le genti e aizzare le folle. Infatti è proprio dalle prime pagine che il lettore avrà l’opportunità di comprendere gli aspetti precursori di un mondo caratterizzato dal sole nero. Troverete una serie di gustosi aneddoti legati al proibito mondo pece, partendo da Sid Vicious e passando attraverso il collezionismo di Lemmy, per finire tra le note del surrealismo di Jesus Hitler, del Mengele cantato da Araya, sino ai deliri sconfinati degli Anal Cunt. Proprio da qui il libro prende le mosse per portarci in quel territorio dove le cose si fanno (pericolosamente o meno decidete voi) serie. Si arriva ad un punto di non ritorno, all’interno di un crocevia che supera persino le concettualità basilari del Black metal inteso come fenomeno di rottura, verso una caducità misantropica che muta qui in un apertura cameratistica basata sugli ideali imposti nei primi anni ’30.

Gli autori ci accompagnano nell’inferno corvino, facendo tappa all’ombra del Pantheon ellenico, oltre la cortina di ferro, tra la giungla cacofonica di band latine intente a coniugare in maniera onirica intenzioni ariosofile e tradizioni meticcie, dalle quali si percepisce una blanda incoerenza che travalica il gelido approccio di coloro che hanno voluto sposare questa mentalità.

A complementare l’opera, oltre agli approfondimenti, troverete una quantità infinita ed essenziale di immagini, che si affiancano ad interviste uniche, atte ad arricchire questa miscela incendiaria , in cui l’empietà ideologica da voce e suono ai protagonisti discussi di una scena iper terminale, cercando di far trapelare motivazioni e filosofie comportamentali che stanno alla base di un credo invalicabile ed immutabile.