Dade City Day – Free Drink

Come prima recensione del 2020 di un lavoro (veramente) “Indie” italiano, oggi pongo all’attenzione dei nostri lettori questo Free Drink, secondo album dei Drink Dade City Day uscito in realtà alla fine dell’anno appena concluso per la Label Nesc’i. Il trio di Bologna è composto da voce, tastiere e chitarra (Andy) basso e cori (Gea) e drum machine e batteria (Michele).

La prima cosa che salta “all’orecchio”, dopo averlo ascoltato attentamente, è senza dubbio il suo respiro internazionale che non deriva solo dal vezzo di intitolare tutte le tracce in lingua straniera, ancorché i testi siano in italiano, ma soprattutto direi dal sound. I riferimenti infatti sono altisonanti e vanno dal dark dei primi Cure, al pop sofisticato e oscuro dei Depeche Mode, il tutto avvolto da un tappeto sonoro con più di un eco shoegaze. Come al solito però, più che dei vari tecnicismi, mi piace concentrami maggiormente su ciò che la musica in qualche modo riesce a trasmettere e devo dire che Free Drink sembra essere stato pensato per trasportati altrove, con la mente, ed emozionarti. L’idea è quella di stare in città, di notte o quantomeno al tramonto, ad alta velocità in auto e osservare le luci che nella strada si susseguono, illuminando l’asfalto e i palazzi alti. I testi sono piuttosto ermetici, a volte strofe e ritornelli si ripetono in un loop ipnotico e quindi in un certo senso sono a servizio della musica, per esaltarne l’effetto sovra descritto.

Old Faschioned, Long Island e Hi-Fi sono i singoli estratti e anche le punte di diamante dell’album, ma in realtà tutte e otto i brani convergono verso il medesimo obiettivo di creare un Soundscape cinematografico. La prima del trittico succitato, piazzato all’inizio del disco, contiene perfino qualche sottile richiamo alla New Wave dei Japan di Quiet Life. L’accattivante Long Island ha un incipit che invece fa pensare, seppur brevemente, a quello di The Forest della band di Roberth Smith anche se chiaramente evolve poi in altre direzioni. Fra tutti, questo mi sembra l’episodio che meglio riesca a mettere in risalto le doti del gruppo e la bellissima voce di Andy. Hi-fi col suo ritmo progressivamente incalzante risulta molto sensuale, anche nell’approccio prettamente canoro, e senza dubbio finisce per lasciare il segno. Per concluder, credo che il futuro di questa band, ed un suo eventuale salto in un più ampio mainstream, dipenderà soprattutto dalla direzione artistica che intenderà intraprendere: le carte in regola ci sono tutte, ma è chiaro che il rischio da correre sarà quello di non perdere, contestualmente, anche quella spontaneità che, attualmente, resta un pregio del tutto evidente.