AAVV – Congotronics 2

copertina di congotronics 2

Congotronics è un progetto dell’appassionato belga Vincent Kenis, che mette in circolazione straordinario materiale proveniente da Kinshasa, Congo, che per una volta non ha nulla a che vedere con il solito soukous.

La oramai celebre prima uscita della serie è stato il secondo album dei Konono N° 1 (2004, Crammed, il loro esordio fu il live Lubuaku, 2003, Terp), che da allora hanno collezionato recensioni stupefatte e vendite un po’ in tutto il mondo, confermando poi il loro successo durante la recente tournée internazionale che ha toccato anche il nostro bel paese. Scrivere di Congotronics 2 (che associa al CD un DVD contenente splendidi filmati musicali) è come trattare dei Konono N° 1 cambiando pochissime parole.

Cosa c’è di speciale in Congotronics? Protagonista di quel groove assassino è la distorsione, proveniente da microfoni e amplificatori logori e altoparlanti lesionati. E’ arcinoto agli amanti del genere che nell’estetica africana viene apprezzato il suono che si sporca, un effetto spesso ottenuto acusticamente inserendo negli strumenti musicali tradizionali oggetti metallici che producono vibrazioni dissonanti. Ma la trasfigurazione che subisce il suono nei due Congotronics è davvero oscena e inarrivabile, tanto da divenire l’elemento dominante della musica.

Il titolo, che deriva dal famoso Rumble in the Jungle con il quale venne chiamato lo storico incontro di boxe tra Mohammed Ali e George Foreman avvenuto a Kinshasa nel ’74 (e durante il quale suonarono nella capitale congolese James Brown, B. B. King, Fania All Stars e Myriam Makeba), racconta a suo modo l’origine della musica di quest’album.

Sei bands, ciascuna con una storia più o meno lunga alle spalle e provenienti da province lontane, sbarcarono un giorno nell’assordante e caotica capitale congolese in cerca di fortuna. Volendo continuare a suonare la loro musica, per non essere sovrastati dal frastuono cittadino si trovarono costretti ad amplificare almeno le voci e gli strumenti dal suono più delicato, e per farlo utilizzarono materiale di fortuna. Fu così che, dall’unione involontaria tra una musica tradizionale poliritmica, ipnotica e ripetitiva e la distorsione introdotta da apparati vecchi e malfunzionanti, nacque un sound capace di richiamare l’attenzione da assai lontano.

La stampa ha accolto entrambi i Congotronics in modo straordinariamente favorevole, e ha amato inventare paralleli iperbolici e disinvolti con le frontiere estreme dell’elettronica, del techno punk, della dance sperimentale più ossessiva e del rock estremo. Personalmente avrei esistato a traccare parallelismi tanto avventurosi, nonostante indubbiamente entrambi i dischi mi abbiano intrigato. Eppure va ammesso che, senza chiamare in causa i generi musicali più fastidiosamente inascoltabili prodotti delle nostre avanguardie, che in qualche modo ci aiutano a colmare la distanza tra concezioni estetiche della musica così lontane come l’europea e quella delle foreste centrafricane (lo abbiamo già visto nel caso dell’Afrobeat nigeriano), il successo ottenuto da Congotronics sarebbe stato davvero impensabile.

Per fortuna (dico io) non tutto è distorsione. I tamburi sono puliti, anche se accompagnati spesso da strumenti a percussione fatti da veri e propri rifiuti, come latte e lattine, cassette e pezzi di legno, le cui timbriche torbide e imprevedibili arricchiscono il tappeto ritmico. Ciò che è distorto sono soprattutto i suoni amplificati, a cominciare da voci e chitarre, fino ad arrivare ai likembe, detti anche mbira, sansa o piano da pollice (thumb piano), strumenti presenti in molti paesi dell’Africa, formati da lamelle metalliche di diversa lunghezza montate su una piccola cassa armonica e suonati pizzicando le lamelle con i pollici di entrambe le mani.

I sei gruppi sono composti in modo differente, ma hanno incredibilmente tutti una timbrica comune. I Kasai Allstars, che incorporano membri di quattro bands della regione del Kasai e suonano – in formazioni differenti – 5 dei 9 brani del disco, usano chitarre, balafon, percussioni e voci. I Sobanza Mimanisa, provenienti da Selembao, usano chitarra, likembe, percussioni, e voci. I Kisanzi Congo, dalla provincia di Bacongo, usano, come i Konono N° 1, likembe, percussioni e voci. I Bolia We Ndenge, provenienti dal lago Mai Ndombe, usano percussioni, voci e una straordinaria fisarmonica d’epoca, così come originali sono le incredibili uniformi del vecchio esercito coloniale indossate da alcuni danzatori del gruppo. Infine i Tulu (presenti solo sul DVD), provenienti da Babunda, usano voce, percussioni e una incredibile scatola di sardine inchiodata ad un asse di legno sula quale sono montate delle molle, suonata come un berimbau brasiliano.

Non posso fare a meno di pensare che, se nessuno avesse azzardato il parallelo con la nostrana trance music elettronica, e se il confezionamento (completo di DVD) non fosse stato così accattivante, non so se saremmo riusciti ad apprezzare questa musica allo stesso modo. Ma, a pensarci bene, alla fine, confesso che preferisco Congotronics alla nostra moderna e sintetica Psycho-Techno-Punk-Trance-Hardcore Music. Quella si che proprio non riesce ad andarmi giù facilmente …