Adekoya Campbell – London is the Place for Me 3

copertina di London is the place for me 3

Per qualche oscuro motivo viene pubblicata nel 2006 una raccolta di canzoni di un nigeriano immigrato a Londra più di 60 anni fa, ripescate da vecchi 78 giri d’epoca. Il fatto che una simile operazione, apparentemente destinata al sicuro fallimento, corrisponda al terzo volume di una serie, indica che quell’oscuro motivo non è semplicemente il verificarsi di un evento statisticamente improbabile. Evidentemente un disco del genere oggi interessa a qualcuno.

Scoprire che qualcuno oltre a me potrebbe comprarsi, e magari persino acoltarsi questa roba non sminuisce il mio entusiasmo riguardo alla linea editoriale della Honest Jons Records, una etichetta indipendente nata dall’incontro tra uno dei più famosi negozi di dischi di Londra, l’Honest Jons di Portobello Road, con Damon Albarn, eclettico fondatore e leader dei Blur e dei Gorillaz.

Tra le produzioni spettacolari della Honest Jons Records, oltre ai due precedenti volumi della serie London is the place for me, dedicati il primo al Calypso di Trinidad e il secondo alla musica degli immigrati dall’Africa anglofona, troviamo curiosità come Mali music, dello stesso Albarn assieme a musicisti maliani come Afel Bokoun e Toumani Diabate, un paio di incredibili raccolte di inediti registrati a Lagos negli anni ’60 e ’70, intitolate rispettivamente Lagos Chop Up e Lagos All Routes, l’ultima uscita di Tony Allen curata da Samuel Kayode e altre cose strane, alcune delle quali credo che avrò la premura di recensire prossimamente.

Ambrose Adekoya Campbell era un marinaio di Lagos, sbarcato a Londra per la prima volta nel 1940. La Nigeria era allora una colonia inglese e, nonostante la guerra, Londra rappresentava per molti giovani africani il sogno della terra promessa. Ambrose non era un musicista, ma iniziò a suonare, quasi per scherzo, perché non poteva accettare che in Europa si avesse una visione così semplicistica e naif della musica e della cultura africana. Fu così che fondò i West African Rhythm Brothers, che in seguito cambiarono nome più volte, e che originariamente suonavano soprattutto per gli studenti di antropologia. Più avanti si stabilì saldamente in un locale a Soho, l’Abalabi, che divenne poi un punto di riferimento per gli amanti della musica delle comunità immigrate, con il nome di Club Afrique Gli altri membri del gruppo erano i nigeriani Ade Bashorun, da Lagos, ai bongos, Brewster Hughes, da Ibadan, alla chitarra, Adam Ifiberesima al piano, Lauderic Caton, da Trinidad, alla chitarra, dalle Barbados Harry Beckett alla tromba e Willy Roachford al violino. Ambrose cantava, suonava la chitarra e le percussioni.

Soprattutto dopo la guerra si verificarono a Londra incroci fertili tra musiche aliene tra loro, come quelle provenienti dalle colonie africane – Nigeria e Ghana – e caraibiche – Barbados, Trinidad e Giamaica – e il jazz americano. Erano i tempi in cui, mentre a Parigi prosperava il movimento della negritudine dello scrittore martinicano Aimè Césaire e del poeta Leopold Senghor, in seguito primo presidente del Senegal indipendente, in Inghilterra veniva pubblicato il romanzo L’uomo invisibile di Ralph Ellison, in America Dizzie Gilespie registrava il suo Cubana Be Cubana Bop con il conghero cubano Chano Pozo, e a New York aumentavano i mussulmani neri di Elijah Mohammed, tra cui Malcom X. Tempi maturi affinché le nuove sonorità che nascevano negli oscuri club di Soho uscissero dai ghetti e attirassero sempre più l’attenzione dei giovani e delle avanguardie intellettuali. Accadde così che i West African Rhythm Brothers riscossero un successo discreto e soprattutto inaspettato, arruolando tra i loro fans persino il DJ giamaicano Prince Buster e l‘anziano e celebre scrittore George Bernard Shaw.

Il valore di questo disco è soprattutto storico e culturale, in modo particolare per coloro che sono interessati alle infiltrazioni della cultura africana in occidente e all’evoluzione della musica popolare moderna, per la quale Londra è stata uno degli ambienti più magici. Va dunque ascoltato tenendo presente il contesto. Il suo highlife velato di calypso e jazz è musica vecchia, polverosa e mal registrata, ma vera e spontanea, senza trucchi e speculazioni. Forse potremmo parlare di “sapori nuovi di altri tempi”, ma solo per chi è curioso veramente.

Brani:

1. West African Rhythm Brothers – We have it in Africa
2. West African Rhythm Brothers – Oba Adele
3. Nigerian Union Rhythm Group – The Wind in a Frolic
4. West African Rhythm Brothers – Iku Koni Payin
5. Ayinde Bakare & Meranda Orchestra – Ibikunle Alakija
6. West African Rhythm Brothers – Omo Laso
7. West African Rhythm Brothers – Calabar-O
8. West African Rhythm Brothers – Emi Wa Wa Lowo Re
9. West African Rhythm Brothers – Iwa d’Arekere
10. West African Rhythm Brothers – Ominira
11. Nigerian Union Rhythm Group – The Memorial of chief J. K. Randle
12. West African Rhythm Brothers – Mofi Ajobi Seyin
13. Nigerian Union Rhythm Group – Union
14. Nigerian Union Rhythm Group – Oratido Soso
15. West African Rhythm Brothers – Ayami
16. West African Rhythm Brothers – Oba Ademola II
17. West African Rhythm Stars – Late Ojo Davies
18. West African Rhythm Stars – Geneva Conference
19. West African Rhythm Brothers – Ele Da Awa
20. West African Rhythm Brothers – Aye Wa Adara
21. West African Rhythm Brothers – Lagos Mambo
22. West African Rhythm Brothers – Odudua
23. West African Rhythm Brothers – I Am a Stranger