ATHROX

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Credo di dover ringraziare gli Athrox, semplicemente perché mi hanno ricondotto alla mia adolescenza, facendomi riconciliare con il classico mondo heavy metal. Infatti, negli ultimi 5 anni mi sono dedicato per necessità e passione alle realtà Slam, Grind, Black, Death, tralasciando l’HM puro. Ora, proprio per merito di questo (lasciatemelo dire) ottimo album, torno ad appropriarmi del mio passato.

Are you alive? rappresenta un riuscito viatico tra le influenze di fine anni ’80, rimandi power e venature speed trash, molto ben armonizzate attraverso una accurata attenzione ad arrangiamenti e partiture.
La band, attiva solo da due anni, spinta da influenze Helloween, sembra inseguire un fil-rouge sociologico, in cui il concept trova una rinnovata linfa vitale. Uno sguardo oggettivo sui mali della nostra quotidianità, inquinati da ombre e comunicazione decrepita.

A dare risalto alle antiche spezie metalliche è, inizialmente, lo stilismo grunge del booklet, in cui si perdono i passaggi della leggibilità, ripresa sin dal principio proprio dall’ascolto di Losing Your Gods, ottimo opener, in cui un atmosferico incipit ci introietta nell’antro narrativo. Un ragionato atto anticipatorio del fulcro espressivo: Frozen Here . Una ricerca di salvazione e reazione innestata su spiriti Megadeth, in cui la linea vocale, portandosi dall’inciso verso un mondo heavy classicheggiante, gioca tra acuti e sdoppiamenti narrativi, ideali per conquistare l’astante. Un mondo dorato che riemerge dalle culle di ieri anche grazie ad intuizioni slow e cambi osservativi, che danno alito espositivo all’ottima Warstorm. La traccia animata da spiriti filmici e sampler sodomiani ci introduce nell’epopea narrativa di un speed thrash interessante, su cui reminiscenze Halford alimentano i movimenti più armonici della lirica.

Il mondo degli Athrox insegue comunque un heavy pulito di nuova concezione, riuscendo a rinvigorire l’age d’or con le sonorità espressive della contemporaneità, proprio come dimostrano i passaggi di My Downfall, tirata animosità musicale in cui il riffing duro ci riporta indietro di decenni, ponendo l’accento tra thrash e speed iniziale, qui edulcorato da una linea di cantato che, rifacendosi alle borchie dei Judas Priest, mostra un poliedrico viso narrativo, edulcorato (ahimè) da back chorus che, pur funzionali, si mostrano come lato debole del tracciato.

Se poi con le note osservative di Remember The Loneliness la band si sofferma su sguardi ballad pronti ad implodere verso riverberi e diluizioni, con la magnifica End Of Days strizza l’occhio alle sonorità del miglior heavy metal, quello raccontato tra le pagine dorate dell’omonimo magazine ormai culto perduto. La traccia, ricca di cambi direttivi e armonie ideali, apre infine lo sguardo sulla conclusiva Obsession , il cui mood raccoglie le ultime energie di un disco che, aldilà di un’art work pessima, si offre al pubblico in maniera convincente e trainante.

Tracklist

Losing Your Gods
Frozen Here
Warstorm
Gates Of Death
Remember The Loneliness
Pretend You
My Downfall
Waiting For The Eden