Avvoltoi “Amagama”, recensione

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C’era una volta una band.
Si chiamavano Avvoltoi, e negli anni’ 80 cantavano il loro mondo beat.

Oggi quella band, grazie a Moreno Spirogi e alla Go down Records torna a noi con un nuovissimo platter, spinto da un forte vento psichedelico, destinato a posare le sue pressioni sulle sensazioni prog che il disco sembra voler celare attraverso le sue 8 tracce.

Un ritorno dettato dall’urgenza narrativa e comunicativa, pronta a superare i cambi di line-up per conquistare un territorio espressivo interposto tra il beat anni ‘70, il prog rock di stampo italiano e le nuove correnti espressive, scandite dagli ultimi decenni. Il suono riesce, infatti, a convincere sin dal primo ascolto, attraverso la sua impronta acida e granulare, con le sue spezie beat ed i suoi rimandi Vandelliani, pronti ad affrontare modificazioni al servizio dei tempi.

Il disco, tra cover ed inediti, sembra voler chiudere in sé l’energia rebel di allora, riproponendo mediante un gioco conosciuto, nuovi arrangiamenti in grado di cogliere l’interesse, non solo delle vecchie schiere, ma anche di chi, tra i più giovani, abbia la sensibilità di andare oltre il consueto.

Ascoltare brani come Storia di una notte significa trasportare la nostra mente verso il mondo dei Led Zeppelin, in cui l’ hard rock si lega alle note della bass line, pronta a trovare uno spazio espressivo nella ben calibrata struttura sonora.

Con Solo un nome la band ci invita poi nel più classico beat italico, in cui la sonorità in battere richiama l’arte espressiva degli Equipe 84, a differenza di ciò che accade con la coverizzazione di Eh Eh Ah Ah, grazie alla quale giungiamo alle pendici del Balletto di Bronzo, già indirettamente citato dall’art work molto vicina a Sirio 2222. Il brano, rivisitato da linee rock immerse nel blues, si avvicina non solo “gli spiriti del cielo”, ma anche a John Lee hooker, qui ricordato dai tracciati espressivi, pronti a farsi ancor più interessanti con le spezie SOA di Come puoi. Proprio da cui fuoriesce un’area one man band in grado di avvolgere nella sua rete scarnifica l’arte Guccini, pronta ad emergere con la bonus track Un figlio dei fiori non pensa al domani, originariamente scritta dai The Kinks e già interpretata dai Nomadi.

A chiudere il vortice emozionale sono infine le percezioni sensoriali di Uomini Fantastici e l’aurea sognante di Quando sarai tu, delimitata perfettamente da un intenso spoken word, atto di chiusura di un disco vivo ed insolito, in grado di accontentare i vecchi fan, senza disdegnare nuove leve di un pubblico consapevole,

Dunque, bentornati cari Avvoltoi!