Baustelle

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Derivante da Bau/stein f: 1) cantiere 2) lavori in corso. Con questa modalità i dizionari tedesco-italiano spiegano il significato della parola Baustelle, che, come dice la band attraverso il suo sito (www.baustelle.it), è un vocabolo da pronunciare in piena libertà.

Il “cantiere” della band di Montepulciano è oggi, senza nessun dubbio, ormai completato; i tempi dei demo sono lontani e i riconoscimenti ottenuti, acquistano oggi ancor più valore, soprattutto alla luce di un terzo lavoro a cinque stelle. “Malavita” infatti mostra una nuova frontiera del rock d’autore, con i suoi brani corvini, creati attorno a liriche accurate, capaci di narrare di una realtà vera, a tratti cruda ed insensibile, riuscendo ad alternare momenti poetici e metaforici a racconti espliciti dettati dalle ossessioni e patologie di vita quotidiana.

L’album si apre con il sapore seventees della strumentale “Cronaca nera”, in cui l’ispirazione elettronica ci introduce al mondo oppresso, cantato da Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi. Con la “Guerra è finita” i Baustelle riescono a trascinare l’ascoltatore dentro un suono pop rock che, dietro alla serenità degli accordi, nasconde la storia di una sedicenne “emotivamente instabile” che avvolta nel crack e nelle amicizie errate, decide di respirare il gas per dare un termine alla sua personale guerra contro l’esistenza.

Un brano magnifico che per certi versi ricorda “Girlfriend in a coma”, cantata da Paul Morrissey allora militante negli Smiths, capace di mescolare una musicalità aperta ed allegra, per raccontare una delle tante tragedie della vita.

Sulla stessa linea d’onda troviamo la claustrofobica “Sergio”, che lotta con la sua follia e contro un mondo che non riesce a capirlo. Alla quarta traccia arriva finalmente un primo piano sulla armoniosa vocalità di Rachele, che attraverso sonorità sintetiche, abilmente ammorbidite dall’orchestra di Phil Spector, narra la coinvolgente “Revolver”, ermeneutica storia di malavita dall’epilogo che tanto piacerebbe a Park Chan-Wook, autore di cultmovie come “Old boy” e “Lady Vendetta”.

Il romanzo della band prosegue attraverso minuti capolavori, come ad esempio l’elegante “Il corvo Joe”, storia di diversità in La minore. Canzone, dettata dai tempi dell’accorta batteria di Caludio Chiari, mestata agli archi che donano al brano un pathos incantevole. Il leit motiv lanciato dalla track introduttiva, con la sua esplicita titolazione, prosegue attraverso l’odio dicotomico di “Un romantico a Milano” e alla disperata “Perché una ragazza d’oggi può uccidersi?”, cantica dal ritmo cadenzato in cui le due voci del gruppo si incontrano alla perfezione.

“Malavita” (purtroppo) si chiude dopo 11 tracce con “Cuore di tenebra” divertissement sonoro, dal sapore retrò che strizza l’occhio al Celentano anni 60; trama semplice, aperta ad un insperato spiffero di speranza (“ma c’è una luce che cancella il buio/e non è il fulmine/e non è il sole/e neanche il bene del Signore/ sei tu…amore!”), in un disco magistrale, che per molti avrà il sapore di una scoperta unica e forse irripetibile.