Beeside “Mood spirals”, recensione

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Si chiama Federico Pazzona.

È giovane e con questo Mood Spirals si offre agli astanti con un disco vicino al British acoustic movement.

Però…quando dalle note biografiche ho letto il nome che si cela dietro al progetto Beeside, a dire il vero sono rimasto stranito, come quando i miei occhi si sono posati sulla frase “Arriva da Sassari.

Impossibile! ho pensato.

Se avrete il gusto e l’opportunità di ascoltare queste Spirali d’umore, vi renderete conto che la linea di cantato dell’artista sembra essere uscita dalla periferia londinese. Il perfetto approccio alla lingua anglosassone rende il disco ancor più raffinato e coerente con le portanti idee che trapelano dalle dolci note delle 12 tracce.
Il disco si diversifica in maniera netta rispetto alle sensazioni punk, hc e post del recente passato artistico di Federico, abile a scorrere le proprie dite sulle corde acustiche, mostrando tecnicismo e buone idee, che sul lungo tragitto si affievoliscono in maniera fisiologica, per poi rinvigorirsi in prossimità di strutture soniche ben assestate.

La passeggiata tra le cantautoriali note sembra funzionare, anche se a mio avviso una durata complessiva più limitata avrebbe reso meglio. Infatti dischi molto connotati come ad esempio The optimist lp dei Turin Brakes, ai quali Beeside sembra ispirarsi (Touch the ground), spesso possiedono una forza compositiva che si diluisce nella durata, proprio come accade in questo Mood spirals.

Il disco alterna infatti episodi meno convincenti come Keep your mouth shut e Bottlenecks, a capitoli ben costruiti in cui il fingerpicking mostra il lato migliore di sé, proprio come accade nella armoniosa Moockin’about. Il brano segna l’inizio di un accorato approccio all’acustic movement, impreziosito da una sorprendente cura per il songwriting che ci avvicina al cantautorato vintage di Simon and Garfunkel. Le piacevole melodie si intrecciano a dolci arpeggi da viaggio, per una traccia da ascoltare ad occhi chiusi, approccio necessario per donare così alle note una maggiore sensibilità emozionale.

Il buon debut si racconta attraverso voce e chitarra, connubio assestabile tra una realtà indie alternative e un folk impreziosito dalle idee altroniche di Paolo Messere e dagli archi di Davide Pais e Manuela Spanu, che si uniscono senza soluzione di continuità a preziosi back voice (Inside your room) e sensazioni Garden State (Sunken cheeks), aperte verso il dorato scorrere delle parole, figlie di un cromatico panta rei.

Un disco intimista, curato e sentito, che traspira amore per le dolci note arrangiate con semplicità attorno ad una struttura rafforzata da un uso consapevole delle liriche, attente e ben definite tra riflessione e poeticità composta.

Tracklist:

1. Moochin’ about
2. Keep your mouth shut
3. Migraine
4. The good things you’ve done
5. Inside your room
6. Fifteen Children
7. Take a breath and swim
8. Mood spirals
9. Touch the ground
10. Connections
11. Bottlenecks
12. Sunken cheeks