Bleeding Eyes “Gammy”, recensione

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“Gammy è inquietudine, oscurità, speranza, tristezza, disillusione, ribellione, lacrime, sangue, dolore”.

Si presenta così il quinto album dei Bleeding Eyes, band veneta dedita a forme ampie di stoner, mai compresso dentro la propria categoria, ma, al contrario, lanciato verso sguardi diversificati, abili nel ricamare sensazioni non solo psichedeliche, ma anche alt-sludge.
Il prolifico quintetto, legato alla sempre più radicata Go down Records, giunge a noi con 10 nuove tracce, incatenate tra di loro dall’ottimo lavoro di cover art, che sembra voler convogliare l’inquietudine mansoniana con i b-movie della Troma Entertainment.

La nuova interessante release ha inizio con il tracciato desertico de La chiave, aperto… molto dilatato, all’interno della cui struttura emergono elementi ciclici, pronti a fungere da atrio espressivo al mondo non-sense della band. Un’overture ideale per raggiungere un leggero climax emozionale, mediante il reale culmine espressivo che si raccoglie nella sua seconda parte. Un brano dalle spezie rumoristiche, pronto a tracciare il sentiero sonoro su di una linea omogenea e crescente, che, sino alla conclusione, alimenta sentori ed elementi divergenti, atti a condurre alla mente sviluppi tipici di God Speed ed (in parte) Explosion in the sky, ulteriormente ripresi sul lato b da Demon Haze.

Le ambientazioni cambiano però nel breve con Amaro Tez (O.O.D.), introdotta da un brulicante sampler, tagliato da una chitarra distorta e stonerizzata, dettame d’inizio di uno spoken word circense, dal quale si percepisce che lo show sta per iniziare. La traccia curiosa, e per certi versi evocativa, si palesa come un’esplosione di rabbia e strazio narrativo, che deflagra verso una vocalità urlante, abile nel cucirsi alle metodiche quartine. A dare inizio ad una ponderata istericizzazione narrativa sono poi i piatti e le pelli, che, con il loro battere, definiscono il mood iniziatico, convogliando settori hardcore, mescolati ad intuizioni heavy, che emergono attraverso “zackyani”guitar solos,

Se poi A fistful of dynamite non appare troppo in linea, di miglior fattura sembra essere l’approccio calmierante di Lacrime Fiume Sangue Dolore, la cui inquietudine oscura si ritrova nei riverberi teatralizzanti e nelle note nebulari di evocative filastrocche nere. A chiudere il platter sono infine le ottime impostazioni battenti e granulari di Keep Calm and fail e la meraviglia oscura di Gammy. Uno sguardo annichilito e confuso di una reale memoria, interposta tra l’espressività vocale e le reminiscenze estreme, pronte a toccare un approccio stoner, qui al servizio di un’opera che conquista per la sua innovativa energia.