BORGNE “Règne des Morts”, recensione

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Avrete bisogno di tempo e coraggio per superare le angosce poste sull’antro del Regno dei morti, ultimo straordinario lavoro nero dei Borgne. Infatti, la band svizzera, ormai attiva (tecnicamente dal 1998, ma a ragion veduta) dal 2007, arriva al suo settimo inquieto sigillo, questa volta sotto le ali black della Those Opposed Records.

La nuova release del quintetto misantropico racchiude ai confini del loro ramato monicker sette tracce estese e desertiche, da cui emergono sulfuree e gelide atmosfere non troppo discoste dalle auree industrial. Un compendio di melodie ardite ed ipnotiche, legate, inevitabilmente, alle nuove frontiere del black metal, senza però relegarsi ai margini di compressioni espressive limitate e limitanti. Innovativi, ma al contempo vicini al gusto nordico del genere, Bornyhake ci invita a celarci dietro quel nero e sepolcrale mantello della cover art, nel tentativo di riuscire a chiudere il nostro ego tra le perdute e nebulose ambientazioni depressive dell’arte pittorica, reale introduzione espressiva alla tracklist.

Ad aprire le anguste porte della perdizione sono le note affliggenti di Void Miasma, in cui il pattern esteso diviene allucinato e avvolgente nella sua nera teatralità cripto industriale. Ci apparirà, infatti, di rimanere immediatamente invischiati nelle atmosfere surreali della band, pronta ad inerpicarsi nel più classico blast beat, atto di invariabile suggestione. Proprio l’andamento sonoro, posto tra intuizioni sinfoniche e basi vintage, va a sorprendere anche grazie ad una linea di cantato inusuale e meno connotata rispetto al classico modus operandi del BM, portando così a sé un interessante influsso trasversale, proprio come dimostrano le lunghe tracce del nuovo disco.
Ad alimentare i cambi agogici delle partiture contribuiscono poi le osservative sonorità di Rien, in cui la sofferenza espressiva cresce esponenzialmente, pronta ad avvolgersi ad un’attesa e perduta Esistenza abissale.

Tra I migliori episodi dell’album mi è parso facile soffermarmi sui sentori deja ecù di Fear, felicemente riconducibile ad esteriorità espressive tipiche degli anni’90. Un involucro pece, in cui la tribolazione si traduce in scarna paura, da cui nascono, crescono e periscono sonorità tirate, ricche di antiche sensazioni, proprio come accade con naturale prosecuzione nella conclusiva L’odeur de la mort, oceanica suite di oltre quindici minuti. Un lungo viaggio nelle atrocità del non tempo, pronto a ridisegnare le sensazioni perdute nei vortici angusti di un regno nefasto.

Tracklist:

“Void Miasma”
“Rien”
“When Swans Are Choking”
“Everything Is A Fallacy”
“Abysmal Existence”
“Fear”
“L’Odeur De La Mort”