Brutal metal italiano_ Necrass+Zora+Epidemik

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Con il numero di oggi, inizierò a recensire dischi, ep e demo (di valore) di band nostrane che, con coraggio e abilità, sostengono e promuovono quella parte apicale della musica metal. Naturalmente le band che vorranno promuove il loro materiale non avranno che da contattarmi per un’eventuale collaborazione. Tal volta le recensioni saranno corredate da una breve intervista di 7 domande..perchè sette sono le virtù, ma anche i vizi capitali e perché sette è il numero della completezza.

Il viaggio inizia trasversalmente tra Brutal, grind e Death old style, generi approfonditi proprio nel reportage a puntate pubblicato da Music on Tnt.

Zora

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“Secondo quanto riportato dalla rivista scientifica British Medical Journal, pare che i movimenti bruschi eseguiti con la testa, possano addirittura provocare traumi al cranio. Gli studiosi infatti sono giunti a queste conclusioni, osservando come lo spostamento della testa a 146 battiti al minuto, frequente nel mantenere il ritmo di brani heavy-metal, provochi danni se si superano con il cranio i 75° in ampiezza. Maggiore sarà l’ampiezza del movimento, più alto sarà il rischio di riportare traumi.”

Assodato il pericolo, sappiate che gli Zora vanno ben oltre ai 146 bpm e che vi sarà impossibile rimanere fermi, quindi …o vi comprate un collare in una Sanagens, oppure andate oltre al rischio di rimanere traumatizzati.

“Gore“ è un piccolo capolavoro dell’underground brutal, capace di sviluppare un preciso percorso artistico, che va ben oltre al titolo del full-leght. Ci si potrebbe aspettare un analisi splatter tra grandguignoleschi e letiferi testi ed invece la direzione presa dai vibonesi è quella di una cruda e lucida analisi della società. Con “Gore” siamo di fronte a testi tanto acuti, quanto attenti ad una costruttiva e tutt’altro che nichilista critica nei confronti della ormai atavica stupidità umana, che continua a ferire il nostro mondo, proprio come viene ben definito all’interno del booklet, con un art cover di interessante fattura.

Il disco si apre con l’impegnativo blast beat di Alessandro Di Meco, il quale, attraverso improvvisi cambi di ritmo, definisce il sentiero per il portante Growl di Peppe Pascale, che sfocia nella greggia esasperazione grind style. Sin dal primo brano si percepisce un’avveduta cura del prodotto, figlia di un lucido e tutt’altro che presuntuoso modus operandi, tra ruvidità ed inserti tecnici che a tratti ricordano i primi Cryptopsy. Se è inoltre vero che in brani come l’animalista “Humanimanls” ritroviamo ritmiche molto vicine ai Cannibal è anche vero che la visione tout cour della band ha permesso di inserire enclave sonore di più ampio respiro attraverso incursioni techno o ispirazioni NWOBHM, come di mostrano i riff aperti di “Kill who kill you” che avrebbero potuto essere composti da Dave Murray.

Tra i brani migliori annoveriamo “R.I.P” e “Sign your body”. La prima traccia è introdotta da un sampler che ad un superficiale ascolto potrebbe indurre a orientarsi verso una semplicistica e stereotipata filosofia A.c.a.b, cieca ed estremizzata, ma che in realtà rappresenta un’attenta metaforica attività composita atta a portare ad una rabbia di fondo nei confronti di troppi eventi impuniti ed insoluti che non fanno altro che alimentare una disgustosa profezia che si autoadempie. Il trait d’union tra le due track è senza dubbio la violenta abilità e la veloce capacità esecutiva del power trio che arriva con “Sign your body” a ridondanti riff, tanto inquieti quanto spezzati e claudicanti. Un brano attento ai falsi moralismi “No tatoo, no piercing, take care of ypur look don’t neglet your body it’a a blasphemy”, concettualità che molto ricorda la cover art dei Mace di “The evil in good”.

Siamo quindi di fronte ad un ottimo album, curato in ogni sua parte, rinforzato da un lavoro di post produzione piuttosto buono.

1) Partiamo dalla banale domanda che ha tutti tendo a fare…raccontateci la genesi del vostro nome

Ti dico subito che non deriva dalla celebre vampira … Zora era il cane di un nostro carissimo amico, Fabio Bagalà, che tra l’altro è il ragazzo che disegna le nostre copertine e che ha creato il nostro logo. Questo cane, un pitbull, era stato trovato da Fabio in mezzo alla strada ed aveva chiare ferite da combattimento clandestino, una bestia veramente feroce! Più di una volta abbiamo rischiato di restare senza mani nel tentativo di fargli una semplice carezza …sappiamo bene a che cosa porta ricevere bastonate e maltrattamenti sin dalla nascita, non solo per gli animali ma anche per l’uomo, e difatti questo cane aveva maturato un profondo odio nei confronti di ogni essere vivente, tranne che per Fabio che lo aveva salvato da quell’incubo …. Il nome di questo pitbull era appunto Zora e da subito, visto il carattere ed il motivo della sua aggressività, ci è sembrato il nome più appropriato per il gruppo che avevamo appena formato

2) Sui prossimi numeri di Music on tnt apparirà la recensione dello spit “4 way to screma your hate”..come nasce e come intende svilupparsi il progetto “Estreme sardinian/calabrian alliance?

4 ways to scream your hate è uno split cd nato per consolidare una profonda stima ed amicizia fra i gruppi. Ci si conosce da un bel po’ ormai e da tempo avevamo in mente di fare uscire qualcosa insieme. Come ogni cosa che facciamo, non c’è nessuna pretesa e nessuna particolare aspettativa da questo split, solo il piacere di avere in mano un ricordo che racchiude 4 sfoghi in un unico urlo … naturalmente si spera di poter fare presto anche qualche bella data insieme, anche se per la verità con due dei gruppi ( Land of hate e Deathcrush ) più di una volta abbiamo avuto occasione di divertirci suonando nella stessa serata, ma fare una bella data tutti e 4 sarebbe davvero una gran bella festa …

3) Ascoltando “Gore” mi sono ritrovato a pensare per lunghi tratti ai Cannibal corpse sia per le per certe atmosfere che proponete sia per alcuni passaggi vocali molto interessanti…dove possiamo ricercare le radici musicali dei Zora?

Senza dubbio la scuola death metal americana è quella che più seguiamo, ma senza necessariamente dipenderne, nel senso che durante la stesura di un pezzo non badiamo a ciò che dovrebbe uscire fuori, diamo mano libera all’istinto ed a ciò che ci passa per la testa in quel momento…non ci sentiamo influenzati da qualche gruppo in particolare, forse perché ascoltiamo fondamentalmente un po’ di tutto. Certo come dicevo prima, anche noi, come qualsiasi altra persona, abbiamo le nostre preferenze, ma secondo me la musica va vissuta sempre a 360 gradi, qualunque pezzo di qualsiasi genere ( metal e non ) se riesce a trasmetterti emozioni va ascoltato ed apprezzato perché vuol dire che è fatto con passione. La musica è la lingua universale per eccellenza, riesce ad andare oltre i limiti della lingua parlata e può raggiungere ogni persona in ogni parte del mondo portando con se il messaggio che ha voluto lanciare chi l’ha scritta.Credo sia stupido limitarsi ad ascoltare solo un genere, anche perché musicalmente si cresce ascoltando un po’ tutto e tante volte mi è capitato di ascoltare della musica che mi ha letteralmente coinvolto sebbene diversa da quella che suono!

4) A dispetto del titolo, nel vostro ultimo lavoro i testi sono maggiormente indirizzati verso una costruttiva critica alla società…come mai questa scelta?

Beh non è una scelta, è la conseguenza di ciò che ci spinge a suonar. Fondamentalmente il nostro scopo primario è sfogarci. Viviamo in un posto davvero terribile credimi, Vibo Valentia è un concentrato di merda che rispecchia un po’ ciò che è diventato il nostro pianeta, ma a Vibo la cosa si vive in maniera davvero estrema e soffocante. La necessità di sfogare tutta l’amarezza che proviamo giorno dopo giorno ci da motivo di suonare, per gridare appunto ciò che viviamo, di conseguenza i testi vertono tutti verso una denuncia sociale che sentiamo davvero. Lo scopo degli Zora non è avere piedistalli o notorietà, ma solo quello di comunicare urlando senza compromessi e senza pretese ciò che non ci sta bene di questo pazzo e malato pianeta … e il titolo del nuovo disco, Gore, sta a simboleggiare proprio un pianeta lacerato e sanguinante …

5) In questi anni di attività quale è stata la maggior difficoltà che gli Zora hanno dovuto affrontare?

Ma guarda, alla fine difficoltà non ne abbiamo avute, ma questo perché come ti dicevo prima ci teniamo alla larga da tutti i modi di fare che purtroppo in Italia sempre più gruppi assumono. Non ci interessa metterci in mostra ad ogni minima stronzata che facciamo, non ci importa far sapere alla gente tutte le volte che riceviamo una recensione o una proposta, queste cose le lasciamo fare a chi suona non per passione ma per apparire. A noi interessa divertirci e sfogarci per come possiamo, e per fare questo non abbiamo bisogno di scendere a compromessi con nessuno, se la cosa piace bene altrimenti bene lo stesso. Quindi non rischiamo di avere difficoltà di nessun tipo …

6) Prima di realizzare una disco cosa chiedete a voi stessi?

Le cartine le hai portate ,)?

7) Cosa pensate della scena metal italiana e in particolare di quella molto vitale del Sud? Siete riusciti ad andare oltre a quella rivalità che spesso si ricrea nell’underground?

La “scena” … scena è una parola secondo me usata troppo facilmente, si ha una scena quando c’è unità di intenti, quando c’è la volontà comune di ottenere qualcosa per tutti gli appartenenti di un determinato settore .In Italia nel campo metal questa scena sinceramente non la vedo, pochi gruppi suonano realmente per passione, e pochi vorrebbero davvero più spazio per il genere che tutti amiamo, la maggior parte questo spazio piuttosto lo vorrebbero per se stessi. Regna l’ipocrisia, l’invidia, la rivalità …. La gente è sempre pronta a riempirsi la bocca con la parola scena e fratellanza solo quando si tratta di promuovere le proprie cose, per poi starsene a casa forti di valide giustificazioni quando si tratta di alzare il culo per andare ad assistere a qualche serata che non sia la loro, si è sempre pronti a chiedere ma mai a dare. In un certo senso, è una cosa che si vive ogni giorno ed ogni volta che si entra in contatto con qualcuno, e fa veramente tristezza e rabbia … certo non tutti per fortuna vivono così il fare musica, ma si è talmente pochi che non si arriverà mai ad avere una scena ben salda che ci porti realmente a qualcosa

Necrass

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Con i Necrass, ci spostiamo in Trinacria, regione molto attiva per quanto riguarda la scena del metal estremo. Il quartetto palermitano offre una sorta di Porno Grind, dalle venature Death, derivante (come si legge nella biografia) dalla sfrenata passione per il macabro e per il gentil sesso.
La formazione nasce nel 2007, dall’incontro tra Psycho e Sicilian Worm, artisti della “deviante” SicilianTerrorArt, e Mohikano proveniente dai Terrorage. A completare l’ensamble Davide “Dick Protesy” dei Death Prophecy, che ha avuto l’onore e l’onere di sostituire ex batterista Jo-Ele-Phant.

Il primo Demo ufficiale ha visto l’uscita nel novembre 2008, e sin dal primo ascolto, ha più le fattezze di un Ep che non di un vera e propria prolusione. Nel suo insieme “Etrofacus” porge all’ascolto una sonica ben più matura di ciò che si poteva prevedere, tra grind demenzialità e genialità compositiva. Il disco segue da un lato certi dogmi del grindcore primordiale, basti ascoltare la titletrack, dall’altro tende ad unire ai versetti old style e riff presi in prestito da Death e Thrash.

L’album si apre con il porno sampler, legata ad un brano che poco convince, parimenti a “Lo sgocciolo”, che rispetto ai restanti brani non sembra possedere quella potenzialità lirica e solida di brani come “Cane nero”, che con la sua rapidità e la sua idrofoba rabbia deflagra climaxticamente verso una sommità completa e precisa. I ragazzi ci sanno fare come dimostrano i 46 secondi gore ambient di “Clitoride mannaro” e “Pompino all’acqua calda” in cui Davide “Dick protesy” riesce a governare una ritmica ragguardevole. Degna di menzione è senza dubbio “Verme taglierino”, in cui il “Guttural vomit” di Psycho, inbocca la giusta direzione tra celeri aperture e scabri passaggi.

Ma il disco offre qualcosa di più. Infatti la band siciliana arriva a stagnare il grind con “l’arte” del porno (geniale l’intervallo telefonico tra Moana e Cicciolina) e “l’arte” gergale, attraverso un uso (forse) improprio del dialetto palermitano con ”Minico” e “Trimura”, tra sound cupi e oltretombali che talvolta rasentano le ambientazioni di “Gallery of suicide”.

Insomma un disco breve che, a mio avviso, sarà solo un preludio a progetti che dovranno per ovvietà di cose emergere e maturare, magari con l’appoggio di una distribuzione decorosa.

All’intervista risponde Alessio aka SicilianWorm.

1) Partiamo dalle vostre vite parallele ai Necrass,raccontateci qualcosa di più dell’interessante progetto di 2 SicilianTerrorArt”.

Certo, ma prima di ogni altra cosa vorrei ringraziare te e Music on Tnt per questo spazio, lo apprezziamo molto!

S.T.A è un progetto molto più datato dei Necrass, nato quasi per scherzo quando, con un vecchio nostro progetto musicale, dovevamo crearci locandine e flyers. Scatta così la scintilla per Photoshop, cominciando a fare lavori anche per altre band fino a raggiungere risultati “gradevoli”.

In più avere due grafici in un gruppo torna sempre comodo.

2) A tutte le band chiedo sempre una breve genesi del proprio nome? Perché Necrass?

eheh…ce lo chiediamo tutti i giorni! Cercavamo un nome corto e d’impatto quindi Necr-Ass riesce ad esprimere la nostra musica, è corto, macabro, ma totalmente ironico.

3) Death prophecy e Terrorage hanno definito un prestito ai Necrass per Mohikano e Dick Protesy?

Vicè Mohikano, insieme a me e Psycho, è stato uno dei folli fondatori dei Necrass e già in passato abbiamo condiviso l’esperienza in un’altra band, in pratica suoniamo, beviamo e siamo amici da parecchi anni.

I Death Prophesy (grandissimo gruppo thrash metal ormai estinto) ci sono stati di grande aiuto prestandoci prima Joele-phant, e poi Davide Dick Prothesy, che ha dato uno sprint alla band.

4) Quali sono le difficoltà per una band Grind come la vostra?

Beh…qui in Sicilia sono davvero parecchie le band, inoltre, come per qualsiasi genere estremo, la rivalità tra gruppi non facilita le cose. Per farcire meglio i nostri live e quindi attirare l’attenzione sia dei locali che del pubblico, portiamo con noi due ragazze che si esibiscono in un sexy show durante le nostre performance, ma la gente spesso non capisce l’ironia dei Necrass demonizzandoci come una band maschilista ed “offensiva per il genere femminile”, come ci è stato già detto. ma noi ovviamente ce ne” fottiamo” e ci ridiamo sopra!

5) Visto l’ottimo demo (come lo chiamate voi), quali sono le progettazioni future?

Intanto grazie per aver apprezzato Etrofacus, che come hai detto è più un EP che non un demo. Al momento stiamo già lavorando su nuovi pezzi sempre pregni di oscenità e zozzerie e quest’anno sono in progetto delle collaborazioni per qualche split fino ad arrivare (speriamo presto) alla registrazione del nostro primo disco vero e proprio.

6) La scena metal siciliana è molto viva e produttiva, come vi spiegate questo interessante e crescente fenomeno?

Si è vero, da qualche anno la scena siciliana si è svegliata ed è parecchio attiva! Sono nate band veramente interessanti, ma purtroppo siamo sempre penalizzati dagli spazi per esibirci e dalla poca visibilità che viene data alla nostra scena.

Parliamo di distribuzione e label…come sono posizionati i Necrass nei confronti del mercato distributivo?

Sinceramente qualche proposta c’è stata da parte di label, però essendo una band neonata preferiamo suonare per puro divertimento senza firmare nessun tipo di contratto. Per quanto riguarda la distribuzione, oltre quella fatta da noi, quindi mattinate passate in fila alla posta, ci siamo appoggiati ad un paio di distro estere, giusto per divulgare il verbo… ma ancora dobbiamo lavorare molto dal lato distributivo.

Epidemik

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Spostiamo la gittata e arriviamo a Cosenza per un Thrash Metal vecchio stile degli Epidemik. La band della città dei Bruzi nasce nel 2002 grazie alla volitiva tenacia di Luciano Sommaria, front man del gruppo, Michele De rose e Attilio Venneri. Solo da pochi mesi finalmente il drappello di musicisti ha posto le prime pietre per la costruzione di qualcosa di concreto che, ascoltando il Demo, evidenzia un buon materiale ma una post produzione forse troppo penalizzante. Ascoltando le quattro tracce sembra di essere tornati al genuino sound anni ottanta, attraverso la semplicità costruttiva che definiva i primi materiali thrash statunitensi.

Il demo non inizia proprio con il piede giusto, infatti “Prophecy of death”, pur avendo piacevoli ritmi eminenti, si perde nel troppo leggero battere sulle pelli e in enclave assolistiche orientate verso l’onda NWOBHM. Nonostante poi il brano nella sua parte finale risulti più compatta e convincente con le sue rigature speed, è chiaro che i veri Epidemik iniziano dalla traccia numero due (!).

“The follen warrior” si può raccontare come un ottimo, veloce e spietato brano, forte di una struttura sonora di rilievo, buoni riff ed una voce perfettamente allineata con quel sound anelato dal quartetto. L’old style proposto dal combo sudista trova la capacità di emergere con le conclusive “World fukin’bastard” e “Black death Armageddon”, in cui appaiono venature striate di Sturmtruppen of death, tra ritmiche forsennate, che risultano di certo maggior presa rispetto a spazi rallentati che sviliscono la potenza espressiva della band.

Un demo senza dubbio interessante, ma forse troppo breve per ppter avere un quadro completo delle buone potenzialità degli Epidemik…

1. Iniziamo con il tormentone di tutte le mie interviste…genesi del nome “Epidemik”

E’ nato dall’ idea di voler diffondere la nostra musica come un’epidemia, di persona in persona!

2. Se foste una band milanese presumereste di aver vita più facile nel tentativo di emergere?

Sarebbe sicuramente più facile emergere in una città più grande, con maggiori spazi per esprimere le nostre idee e un pubblico più vasto. Ad ogni modo se la musica piace si sfonda,ed è così ovunque, quindi speriamo bene!

3. Quale è il vostro rapporto con il mondo delle label e delle distro?

Avendo inciso un solo demo, peraltro dopo due mesi dalla formazione effettiva, non abbiamo ancora pensato alla distribuzione dei nostri lavori, se ne parlerà più avanti!

4. Cosa cambiereste del vostro passato professionale?

Nulla, ogni esperienza passata ci ha portato a concepire la musica come la concepiamo ora. Inoltre il nostro passato è stato praticamente una grande “attesa” per questo progetto, avevamo da tempo voglia di suonare del buon metal.

5. Quanto ha influito il periodo sabbatico sulla vostra verve compositiva?

Ha influito davvero poco, la musica che facciamo l’abbiamo sempre avuta in mente sin dall’inizio. Abbiamo sicuramente ereditato qualcosa dallo stile dei mostri sacri del genere, ma il fatto di essere rimasti fermi per molto tempo non ha scalfito il nostro modo di concepire il thrash/death metal.

6. Perché le radio e le televisioni tendono ad ignorare il metal? Cosa si può per combattere questo ostracismo?

Un’idea potrebbe essere quella di mettere su delle vere e proprio radio metal, magari gestite dai gruppi più “importanti”, e far passare durante la giornata i pezzi dei gruppi emergenti italiani, ovviamente senza alcuna influenza di altri generi.

7. Il demo “Prophecy of death”, contiene un buon terreno fertile per il futuro…quando un full lenght?

Al momento stiamo lavorando su nuovi pezzi, “stabilizzando” il nostro sound e riarrangiando il demo con la nuova line-up, quindi c’è ancora molto da fare!