Chanrty It’s an old story, recensione

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Dopo circa un anno, eccomi nuovamente a parlare del progetto Chantry, che torna con un’altra vecchia storia incastonata su passate polaroid sonore .

Rileggendo le parole che allora scrissi su “Emancipation of Elizabeth”, mi rendo conto che l’entusiasmo calcolato di allora, dopo l’ascolto di questa nuova fatica di Alessandro Monopoli, sia in me parzialmente scemato a causa di una serie di elementi che mi hanno portato a definire una critica, spero costruttiva, di un disco che avrebbe potuto essere, ma che nasconde in sé alcuni limiti, che forse non erano emersi nel precedenti lavori.

Prima di scrivere ciò che sto per elaborare, ho voluto ascoltare molte volte il disco e solo dopo alcune lunghe elucubrazioni, se ora dovessi dare un voto a “It’a an old story” finirei per alzare la paletta di un sei stiracchiato, come dicevano qualche tempo addietro. Il giudizio ponderato è dovuto ad alcune carenze legate ad una forma di arrangiamento non adeguata alle fertili ed interessanti partiture e ad una voce di Federica Sabatini ancora troppo acerba per poter sostenere il peso di un full lenght. L’opinione (opinabile) è ovviamente da considerarsi non un futile e sviscerante attacco, ma piuttosto un analisi serena e momentanea nei confronti una vocalità feconda e dall’orizzonte ben definito.

Il territorio blandamente hm, si contrae attorno all’universo Shredder sin dall’introduttiva “Joshua Knows Me”, che possiede un’eccessiva durata. Nonostante la diluizione della partitura, la traccia è ben mantenuta dalla sei corde, non supportata però da una sezione ritmica che risulta troppo trasparente. Così accade a tratti durante le tracce del disco, troppo attento ai piacevoli virtuosismi ben definiti attorno a ragionati imprò e alle taglienti scale di note. Tra i brani più convincenti annoveriamo “My Evil Self”, compendio hard heavy, tanto semplice e lineare quanto ben esplicitato e “Fragile”, il cui ritmo serrato viene ingemmato da un contenuto growling, che si inerpica su interessanti pikettate.

Ascoltando il disco appaio poi nascoste velate influenze maideniane, interposte tra il figlio settimo e quello prodigo, come emerge dai passaggi chitarristici di “My Way Home”. Non mancano poi elementi madrigalistici come in “For the World Is Hollow”, ma forse mancano gli archi che ben figurerebbero su “In the Blood”, traccia ben definita similmente alla buona chiusura tra i tasti della bella e sintetica “Never Happened”.

Insomma un disco che potrebbe possedere sotto di sè un terreno prolifico, ma forse la stagione del sole non è ancora riuscita appieno a dare i frutti, proprio come in un orto baciato solo parzialmente dalla nostra stella più luminosa.

Tracklist

Joshua Knows Me
Last Breath Alone
My Evil Self
Primrose
Fragile
My Way Home
In the Blood
For the World Is Hollow
Never Happened