Crazy Rain “Life illusion”, recensione

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Se avete dimenticato la purezza dell’Heavy Metal, quella antecedente alle forme degenerative del genere, quella resa famosa dalla Nwobhm, allora siete nel posto giusto. A riportarci in un piacevole viaggio a ritroso alle pendici del sacro monte… sono i Crazy Rain, che qualcuno di voi, amanti del genere, ricorderà tra Culture Killed the native e Picture of war.

Erano infatti gli anni della cosiddetta golden age quando mi arrivò, tramite tape trading, Breeze of the Wind, Extended played di debutto della band estense. Era però (anche) il tempo di Harmony Corruption, che in quel momento della mia vita, devastava e fagocitava tutto. Oggi dopo 24 anni mi ritrovo tra le note dei Crazy Train, rinnovati e pronti ad una sfida (intelligentemente) accolta dalla Red Cat Records.

L’album, distribuito da Audioglobe/the Orchard, porta con sé le illusioni di una vita vissuta tra mutamenti, viaggi e rinascite, dettati da una doppia cassa sulla quale la linea di cantato sembra volare sorretta da melodia e purezza chitarristica.

Un curioso ed avvolgente richiamo orientaleggiante ci invita tra le braccia orrorifiche della cover art, attraverso onirici vocalizzi femminei, che lasciano il posto ad una chiara struttura heavy, che, almeno ad un primo impatto, sembra voler donare spezie armoniche, qui definite attorno ad un riuscito backing vocals. Di certo però per giungere all’impatto realmente convincente è necessario attendere l’anima battente di 2067 (Height the light, i cui sentori power metal di stampo teutonico portano alla mente non solo alcuni passaggi Michael Kiske, ma anche intuizioni dell’era Blaze. Il riffing appare figlio legittimo dei tempi recenti, senza però dimenticare le emozionalità della golden age, proprio come dimostra il guitar solo nella seconda parte del brano.

I motori si (sur)riscaldano passando poi attraverso la bass line di Rise Again, di certo tra le tracce migliori di questo ritorno. Infatti oltre all’apporto di Cristina Aroni, il riff compatto e cripto trash sembra ben amalgamarsi con gli sviluppi puliti di una narrazione che si fa delicata ed intimista con Life illusion. La titletrack, in maniera forse troppo attesa, apre le note ad un impronta ballad, abile a maturare verso contorni granulari ed incisivi, percorrendo un istinto chitarristico ben cadenzato e trainante, nonostante l’eccessiva dose di edulcorazione dell’inciso. Più convincente appare poi la lunga Wait for change, il cui incipit destabilizza l’ascoltatore, accogliendolo tra anime folk e guitar free, sentiti movimenti d’apertura al servizio di un pattern chitarristico. Gli spazi emotivi dei passaggi chitarristici ben si evidenziano anche grazie alla strutturazione della linea narrativa, abile nel ridefinire sotto luci diversificate una celata anima epica. Purtroppo l’assenza dei testi nel booklet, ahimè esclusivamente popolato da ridondanti foto session, finisce per penalizzare un disco, che trova il suo apice espressivo negli impianti harrisiani di After the rain, meravigliosa composizione bonsai che da sola vale il prezzo del disco. Un’anima nuvolare e ridondante in grado di mescolare i venti musicali pronti ad implodere con Time of faith, composizione dal sapore antico, che lascia il desiderio di iniziare nuovamente il viaggio attraverso le “illusioni della vita”.

Un disco inteso ed intriso di radici antiche, che crescono nel nome di un nuovo orizzonte, non certo per rimestare malinconia passatiste. Un puro heavy metal che non solo trascina con sé impeccabili tecnicismi ma anche (e soprattutto) riff avvolgenti e diretti, pronti a rimanere nel cuore di chi ascolta.