Decline of the I”Rebellion”, recensione

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Dopo qualche settimana torniamo tra le braccia della Agonia Records atrveso l’oscurità sofferente dei Decline of the I, eclettica band di Post-black Metal il cui deus ex machina, Adrastis Korgan, ci mostra il proprio declino emzionae, rivesato su strutture avvolgenti e fagocitanti.
Il disco, dominato dalle sensazioni concettuali di un project solo, parte dal presupposto cheil mondo in cui (soprav)viviamo possiede i contorni di una nefasta aggressività. La reazione pensata a siffatta irruenza lo si ritrova in un atriplice reazione: Inibition, Rebllion, Escape (inibizione, Ribeione, fuga). Tre vertici di un nichilstio triangolo magico incui convogliano le forze della nevrastenia della violenza e dell’inorganico ed industriale freddo emotivo.
Una iper-realtà visionaria, pronta ad accogliere una nera filosofia pensate, posata sui confini di una trilogia pronta a raccogliere proseliti lungo il suo dispiegamento.

Ad aprire il nuovo cancello della Ribellione è un inquieto sampler, i cui rimandi operistici invitano l’ascoltatore sulle note desertiche di un opener, macchiato da una linea vocale schizofrenica, in cui la perfettibilità anglofona viene oscurata dai climax espressivo e mutevole. L’impronta sofferente della narrazione richiama alcuni estremismi del pure black metal, pronto ad inorridire mostrando il proprio ego a spezie divergenti. Infatti il disco, poco adeguato a coloro i quali credono ancora fermamente che il black metal non possa e non debba essere condizionato da nulla e nessuno, potrebbe al contrario aprire le vie buie a chi non ha avuto modo di addentrarsi tra i viluppi nefasti di un genere che spesso non ammette condizioni.

Infatti, proprio come dimostra la chiarezza espressiva di Hexenface, i parigini aprono a strutture vocali ai margini del clean, pur rimanendo ancorati ad uno screaming sofferente e tormentato, che ancora appare metro indicativo di una via percorsa con coraggio e espressività. Le caratteristiche e continuative mescolanze tra auree blackened e spoken word, delimitano un territorio vasto e malsano, che trova il suo apice espressivo in Le rouge, le vide et tu le tordu. La traccia, complice la sua magnifica overture, indirizza l’ascoltatore ad una mescolanza claustrofobica di sensazioni desolate, in cui perdersi ad occhi chiusi. Le striature industriali e i collanti corali mostrano poi come le angosce esistenziali possano ricrearsi tra le distorsioni tribali di The end of prostration, battente e minimale vigore retrò, e Deus sive musica in cui si giunge (addirittura) a toccare impressioni tecno-industrial al limite del rumorismo.

Un disco che apparirà ad alcuni come mostruosità selettiva, mentre si paleserà ai più come un coraggioso ed originale approccio al nereggiante estremo metal… e poco importa quale sia la giusta via, perché l’impressione è quella di un curatissimo project che non vuole piacere a tutti i costi, ma che ha intenzione di piacersi.

Tracklist

1.Lower degree of God’s might
2.Hexenface
3.Le rouge, le vide et le tordu
4.The end of prostration
5.Pieces of a drowned motion
6.Deus Sive Musica
7.On est bien peu de chose