Ed “Meglio soli”, recensione

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Una saracinesca chiusa, graffiata dal tempo.

Dietro a quella serranda si nasconde l’anima lo-fi di Ed, progetto cantautorale di Marco Rossi, giunto ad un nuovo interessante full lenght, che arriva a segnare un cambiamento espressivo rispetto ai lavori precedenti. Un inatteso passaggio alla narrazione in lingua madre, che sembra voler segnare una nuova rinascita, coraggiosa ma senza troppi dubbi riuscita.

A due anni da One Hand Clapping, infatti le tracce di Meglio soli restituiscono la volontà di una più diretta forma comunicativa, proprio come dimostra l’iniziale Scenario. I rimandi ai fratelli Wilson dell’overture, delineano una fresca ventata artistica, che si appoggia nel breve alla melanconica di La mole di lavoro è relativa, in cui il violino di Valeria Sturba aumenta l’aurea osservativa. Una trattazione piacevole e avvolgente anche grazie alla linea del basso e alle pelli, abili a raccontare un piacevole sentiero, (in)volontario omaggio a Bobby Solo e ai suoi anni ’60. L’enclave pizzicata apre poi la strada alla cavalcante sei corde di #9(nove), polverosa creazione melodica ed osservativa, interposta tra sonorità e riverberi, atti anticipatori della linearità agè.

Lo sgurado passatista ritorna poi sulle note di Quel che sai, già so e In difetto, per poi virare su di un piglio rock più sentito (Avvoltoio), in cui i rimandi Tarm definiscono uno sguardo distratto sul grunge più atavico. A chiudere il percorso artistico del full lenght sono i sapori Zen Circus, evidenti nella parte conclusiva dell’album e la convincente aria lo-fi di A modo mio, perla al servizio di un disco fortemente voluto.

Tracklist

1. Scenario
2. La mole di lavoro è relativa
3. #9 (nove)
4. L’abitudine fa l’uomo ladro
5. Quel che sai, già lo so
6. Avvoltoio
7. In difetto
8. Uno su cinque
9. A modo mio
10. Tre volte