En Roco ” Nè Uomini nè ragazzi”, recensione

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Sino a qualche anno fa la mia voglia di scoprire musica nuova si avvicinava molto alla figura bulimica e consumata dal nuovo descritta da Nick Horby in Alta fedeltà. Oggi dopo quasi tre lustri da articolista, quella voglia (o se vogliamo quella patologica necessità) di ascoltare il poco conosciuto è sempre viva e presente, anche se molto più limitata nella ricerca sul campo.
Avendo infatti abbandonato il sentiero del vagabondo on stage, mi rendo conto che sia sempre più difficile assaporare nuovi talenti o vivere da vicino il mondo sotterraneo, ancora ignoto ai più.

Il gusto di scoprire nuove band ancor prima di una loro distribuzione non ha mai avuto prezzo.

Oggi, dopo qualche tempo, torno a parlare di uno di quei gruppi che continuano ad essere in quella deliziosa e creativa ombra underground che, proprio a causa di un mio impiego giornalistico più volto ad altri lidi, forse non avrei mai scoperto tra le polveri del Fitzcarralgo genuense.

Si chiamano En Roco e le pagine di Music on tnt li hanno già visti protagonisti con il loro pop rock venato di indie.

Dopo qualche tempo, infatti, tornano tra le nostre pagine, ancora targati Fosbury Records con un disco tutto nuovo Né uomini né ragazzi, registrato al Loud Music di Genova, da cui parte la voglia di lasciare un segno tangibile del loro essere. Così, a qualche anno di distanza da Spigoli, il quartetto genovese riparte fortificato da nuove idee e dalle mille traversie che l’espressione alternativa italiana soffre nel soffocamento di un panorama artistico non sempre attento ai nuovi stimoli.

Il nuovo full lenght si apre a ventaglio, nascosto dietro ad una cover art, a dire il vero, poco graffiante per la sua rappresentazione scarsamente efficace rispetto alle linee melodiche proposte, meno lineari e rigide rispetto alla presa grafica. I giochi cromatici e le strutture dure e troppo rettilinee non rendono infatti merito a partiture morbide e cantautoriali, che forse avrebbero necessitato un approccio stilistico differente.

Sin dalle prime note del platter la band ricompone i suoi pensieri evocativi nel neorealismo narrativo, tra disorientamento e nobili sensazioni cantautoriali, proprio come dimostra Un significato, che ci restituisce una band più matura e posata, tra riff portanti e pacatezza espositiva. Al pari del brit pop di Carta, che enuncia una crescita emotivo-strutturale del combo genovese, di buona fattura appaiono In un pozzo di idee e Non dimentico, anche se il disco sembra parzialmente penalizzato da una postproduzione non impeccabile. Nonostante tutto l’album sboccia nel suo iter con due splendide perle musicali, che per alcuni avranno pure il difetto di apparire troppo easy e poco indie, ma che da sole reggono il peso dell’intero LP. La prima colonna porta il nome di In favore del vento, metaforica composizione dal cuore ermetico, che ci trascina nella sua dolcezza espositiva, appoggiata al buon lavoro delle quattro corde. Similmente degna di attenzione appare essere poi I giorni della lepre, che con l’iconografico rimando ad Arto Paasilinna, ci travolge con la sua ritmica diretta dal sapore vintage, in cui le titubanze iniziali del drumming si rinvigoriscono tra funzionali backvoice e guitar solo.

Insomma, un disco sognante, dal fervore acustico e dalla forza narrativa ricercata, come il suo volersi raccontare attraverso un esperienza che inizia a concretizzarsi in un territorio più accorato.

1. Un significato
2. Carta
3. Siamo sempre stati solidi
4. In favore del vento
5. I giorni della lepre
6. Rompere il limite
7. Chi sei?
8. Un inverno per noi
9. In un pozzo di idee
10. Non dimentico
11. Bonjour tristèsse