Flac “Flac”, recensione

flac.jpg

Flac è un diffuso codec audio il cui acronimo (Free Lossless Audio Codec), richiama il parametro di qualità. Infatti, a differenza di molti formati compressi, il Flac non rimuove informazioni dal flusso audio.

Proprio l’astrazione della qualità, appare l’intento basilare di questo promettente quartetto.

Arrivano dalla Trinacria cavalcando un buon rock (cantato in italiano) arrangiato in maniera alquanto pulita, grazie alla sapiente regia artistica di Fabio Rizzo, attorno al quale scivolano via riff tanto semplici quanto vincenti, e testi curati, in grado di rappresentare un giusto viatico tra comprensibilità ed istinto.
Il disco, anche se potrebbe non convincere appieno al primo ascolto, racchiude in sé temperamento e tecnica, che arrivano a farsi strada solo dopo alcuni replay, trascinando l’ascoltatore in un inevitabile rock pronto a conquistare senza troppe ombre.

Infatti, pur basandosi sul classic rock di stampo italico, i quattro riescono a raccontare sonorità senza frontiere. Complici consapevoli di questo meritato interesse sono Ross Maya e Daniele Vitellaro, reali valori aggiunti della band, in cui la tecnica alle pelli e l’ottimo bilanciamento alle quattro corde definiscono l’essenziale pattern sonoro, capace di travolgere l’intrinseco impulso pop rock con le sue mille sfaccettature. L’ottimo lavoro effettuato sul drum set arriva a sposarsi alla perfezione con la sei corde, che a tratti ( scusate il paragone) sembra voler citare i Peppers di inizio anni ’90.

Difficile dunque definire le tracce in maniera singolare, in quanto sembrano raccontare un unico mondo, definito attraverso i capitoli di un atipico romanzo, attraverso citazioni e figure retoriche che lambiscono un mondo musicale assestabile tra il mainstream è l’underground, in cui ritroverete attacchi di batteria Pierceiani e curiosi rimandi Litfiba (di seconda repubblica).

Ad aprire il disco sono però le spezie Timoria, che, nello sviluppo del disco, sembrano emergere più volte, attraverso riusciti riff dallo speziato andamento stoner (Dogma2), la cui inversione di tendenza ridefinisce la struttura della lirica, fornendo all’ascoltatore un bridge su cui appoggiare il proprio compiacimento finale. Il buon inizio, in perfetta armonia con la trainante chiusura (Teatro delle Promesse), trova il cambio di marcia all’interno dei convincenti guitar solo ( Conto alla rovescia) e delle spezie funky di Babilonia, in cui lo spirito live sembra cozzare contro le esigenze da studio.

Le dieci tracce scivolano via veloci su di un tappeto sonoro che modula l’interessante groove, proprio come dimostrano Gioco d’ombra e le deliziose citazioni heavy di Fuori controllo, traccia in grado di ridefinire l’allegoria del titolo, attraverso deliziosi cambi stilistici. Se poi la Tortura cinese non sembra convincere appieno a causa dei suoi chorus d’appoggio, è con Labirinto che l’ensemble palermitano giunge ad una cima in cui soffermarsi. Infatti i sensibili richiami Pan del Diavolo, ritrovabili nella sezione ritmica, si ergono a riuscita ballad, grazie a diluizioni ben calibrate e ad una ricercata armonia, che rende l’ascolto diretto, ma mai banale, esattamente come quest’opera d’esordio.

Tracklist

Dogma #2
Tortura cinese
Conto alla rovescia
Babilonia
Labirinto
Dylan
Perso
Fuori controllo
Teatro delle promesse