Garcino “Mother Earth’s Blues”, recensione

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Di norma non avrei mai recensito questo disco. Troppo lontano dal mio ego musicale.

Non so perché…ma poi, dopo qualche ascolto, ho cambiato idea, giungendo a scoprire le potenzialità (ancora inespresse) di Garcino e del loro Mother Earth’s Blues, viatico di note cantautorali in grado di fondersi con semplicità e linee rette disegnate verso il blues (ovviamente) ed il rock di stampo italiano. Un lavoro che, pur non definendosi concept, raccoglie a sé, sin dall’ottima idea di cover art, una tematica focalizzata verso l’amore (mancato e spesso divergente) che l’uomo ha verso la propria Madre Terra. Così partendo dall’idea grafica di Gabriella Riba, il trio piemontese parte cavalcando idee rurali e grezze per definire i contorni di una misurata tracklist le cui ombre sembrano arrivare da arrangiamenti perfettibili, ma in linea con l’impulso caratteriale dato alle otto tracce.

Ad aprire il respiro del full lenght sono le (poche) note di stampo floydiano, pronte a virare immediatamente verso passaggi ammalianti e per certi versi conservatori. Un dialogo tra chitarra e tasti in grado di modulare un album immerso in un piacevole funky blues morbido e diretto, figlio delle sensazioni pop in cui sopravvivono venature vintage di fine anni ’70 (It’s a slow food). Un viatico posto tra incroci idiomatici che non trovano certo la perfezione, ma offrono sensazioni emozionali che toccano i nervi cantautorali (Genova per me) pronti a superare imperfezioni stilistiche celate dietro agli arrangiamenti semplici e spigolosi. Un terreno fertile, seppur perfettibile … proprio come dimostra il più classico dei blues, raccontato dalla titletrack, derivativa e posta in una confort zone che rimanda ai classici anni’50 d’oltremanica.

Il viaggio prosegue poi verso Tanaria a bordo di un piccolo treno carico di energia sporca e retrò, in cui i Garcino trovano probabilmente il loro itinerario più convincente, grazie all’uso deepurpleiano del groove pronto a definire la traccia come tra le migliori canzoni dell’intero disco. Su di un diverso orizzonte si posiziona infine L’ambigua verità, composizione troppo lineare e fuori tempo, in cui le note si posano su di un pattern che perde verve sui movimenti di back voice.

Insomma un disco non certo diretto e semplicistico, ma curato e ricco di sottili veli interpretativi.

Tracklist
1. Intro Earth’s Crying
2. It’s a Slow Food Talk! feat. Roby Bella
3. Genova per me
4. Mother earth’s Blues feat. R. Bella
5. Intro Trains
6. Trains of Tanaria feat. Bad Bones
7. L’ambigua verità
8. Genova per me (Studio rehearsal)