Gianni Mimmo “Further Considerations”, recensione

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Gianni Mimmo è, per chi non fosse avvezzo ad un certo tipo di sonorità, un artigiano del jazz. Abile ed eclettico compositore, in grado di raccontare storie di note attraverso il sassofono, strumento mediatico con il quale comunica emozioni e stati d’animo.

Da sempre aperto a sperimentazioni e nuovi orizzonti, l’artista italiano è spesso stato abile nel raccordare il mondo folle di Xabier Iriondo a quello intramontabile di Cage, Coltrane, Hemphill, sino a maturare un sentiero in cui il classico si avvicina al nuovo, proprio come accade con questo nuovo Further Considerations. Il vinile nero, targato Tarzan Records, ci invita a scorrere i nostri pensieri in maniera armonica, proprio come l’opera di cover art in cui una curva architettonica pseudo-speculare allinea il senso di consonanza ad un principio futuristico, che avvolge e protegge ombre e luci.

Nella ricerca continuativa di analisi sonora, posta ai margini di una ricerca insoluta, il disco, prodotto da Fabrizio Testa e Andrea Dolcino, si apre con l’unica composizione non originale. Infatti, Cette fois è legata al creato di Steve Lacy, che sembra essere un reale punto di riferimento per il sassofono gloger handkraft, pronto per un mondo ricco di silenzi e solitudine. Una solitudine cercata e voluta, tesa a ridisegnare i nostri spazi vitali fuori dagli orrori della quotidianità. La traccia, sviluppata tra libertà jazz e giochi di scale, ci introduce nel mondo di Mimmo ancor prima della lunga suite dedicata a Gilles Laheurte, con i suoi 13 minuti di corpo e anima.

Alcuni passaggi sembrano ricordare il suono che i chitarristi heavy mettono in atto con i loro virtuosismi; tanto è vero che le note viaggiano veloci quasi a simulare il suono di una sei corde, attraverso un lungo assolo di note frenetiche, che restituiscono la maestria esecutiva del suo autore.
A chiudere il lato A è Square as a theatre dedicated to Mario Sironi ,in cui un’aurea disturbante riassetta le espressività, mediante sviluppi che preludono a ciò che accadrà sul secondo lato di un disco pieno e solitario, proprio come i suoi suoni puri e narrativi che racconta.

Girando il vinile ci si imbatte in ben undici tracce, la cui durata grind si sposa con un’indole deliberatamente jazz, offrendo al sassofono il pretesto di un preludio silente, ideale per poi orientare gli astanti verso le labirintiche note di Hypnobirth . Quest’ultima composizione raccoglie le docili sensazioni iniziali per rivestirle mediante una lineare continuità, qui posata su bianche linee sonore, pronte a ridefinirsi come visionari esercizi risonanti, in cui la ridondanza richiama a gran voce “Una fragile contemplazione”. Da qui ci si inerpica su sbalordimenti desertici ed inquieti; un punto di osservazione in grado di avvicinare rurali ambientazioni con la durezza di alcuni suoni contemporanei.

Una densità espressiva che evolve prima in Body interlude e poi nella fugace espressività di Doubt and the frame , dai cui silenti infiniti ci si erge per racchiudere a se “Altri dubbi” e “Percezioni” di un disco caldo e pensante, in grado di restituire all’ascoltatore un mondo fuori dal mondo…a patto che l’ascolto sia attentivo ed esclusivo, unico viatico per entrare nel mondo di Gianni Mimmo.