Go Koala “Electric skulls radio”, recensione

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Odiate la musica elettronica? I bassi distorti? Chi “suona” Il computer? I batteristi che suonano in piedi e non usano il doppio pedale? Chi si porta al concerto tre tastiere e ne usa poi solo una? Chi canta quelle melodie che può fischiettare chiunque mentre cammina sovrappensiero?

Ok, allora non ascoltate i Go Koala.

Leggendo l’incipit del comunicato stampa, avrei dovuto fermarmi e passare oltre; infatti, da un punto di vista strettamente soggettivo rappresento il prototipo di ascoltatore richiamato dalle affermazioni della band. Ma, proprio come per un romanzo o per un film, si dovrebbe sempre avere l’onestà intellettuale di proseguire per poter giudicare. Non procedendo in questo folle viaggio nel mondo de Go Koala mi sarei perso l’espressività geniale della cartella stampa, ironia, sarcasmo velato ed originalità, che sembrano essere il punto di partenza del quintetto estense, bravo a sorprendere sin dalla scelta estetica di dare alle stampe un cd trasparente privo di booklet, back e coverart. Titoli, credits e tracklist, infatti, sono stati stampati su etichette trasparenti, apposte sull’hard cover, mostrandosi scelta decisiva nel predisporre l’acquirente alla curiosità.

Ma oltre l’apparenza troverete qualcosa di sorprendente. Nulla di germinale o sperimentale, ma solo ottimo indie pop, pronto a delinearsi attraverso dieci tracce dagli accordi semplici e dalle strutture sintetiche marcate e ben delineate, proprio come dimostra l’introduttiva Only you. Il brano d’apertura si addentra tra le sue righe, mediante un riuscito intreccio di minimalismo indie ed accenti atmosferici, non troppo distanti dal mondo dei primi Liquido. Le key position eloquenti paiono possedere una natura sintetica pronta a mostrarsi al servizio di un diretto approccio anglofono, aperto sugli orizzonti delle onde elettroniche ben calibrate da un celato spirito cantautorale.

Con Waitinf for il groove viene maggiorato tramite una riuscita distorsione chitarristica, pattern composto qui impreziosito dallo xilofono che rimanda ad una forte connotazione Fanfarlo. La traccia merita più di altre un ascolto attentivo, proprio come accade con We arrived, in cui sonorità reverse maturano in giochi sonori diretti ed avvolgenti, impostati su accordi ribassati ed andamenti pop rock ben definiti.

Gli eccessi sintetici di Medication sembrano invece abbandonarsi a strutture new wave, mentre il synth portante funge da bussola espressiva verso metodiche d’oltremanica. Se poi la tromba di Luca Selvaggio raccoglie il groove iniziale di Don’t worry, è con Hear me che l’elettronica e la sua arte discorsiva trovano l’ideale habitat naturale.

Il disco, promosso dalla Alka Record, dona poi spezie vintage con Rain (con la quale appare impossibile rimanere inerti) e i ritmi Trainspotting con la battente Another way , materiale conduttivo che ci traina verso gli arrangiamenti avvolgenti di Wake me, danzante e gradevole

Un disco dunque in grado di risvegliare sopiti istinti musicali avvolti dal tedio… ma… non perdete attimi pregiati …il vostro tempo è molto prezioso: usatelo con cura!.