Hole – Nobody’s daughter, recensione

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La vedova Cobain, al secolo Courtney Love, sbarazzatasi delle sue vecchie amiche, torna in pista con un solido album energico (l’ultimo cd della band risaliva al 1998), senza tuttavia avere il coraggio di cambiare il nome alla combriccola (su questo… ci ricorda un certo Axel Rose) o il suo stile ruvido e infuriato.
Tralasciando, per ora, ogni giudizio sulla sua credibilità (quindi sulla effettiva corrispondenza fra persona e personaggio) preferiamo concentrarci subito sulle canzoni di questa “Figlia di nessuno” che, già al primo ascolto, evidenziano spessore nella produzione e doti compositive più che apprezzabili.
Un pugno grunge allo stomaco, degno dei migliori pugili, arriva già con i primi due pezzi; la title track in primis – in cui canta “the world’s broken doll, the world’s shatterred whore” – che è un vero e proprio affresco dark sull’incapacità di alcune persone nel trovare qualcuno che desideri amarle, e la reazione rabbiosa di odio – contro tutto e tutti – che da ciò può derivarne.

Segue il singolo “Skinny little bitch,” imbottito di livore e parolacce, che descrive un vero e proprio viaggio all’inferno, fatto di droga, abusi e prostituzione. Per entrambe, la sensazione è che la Love si sia ispirata molto al proprio vissuto e ai “demoni” che da sempre sembrano inseguirla.

Per uscire, almeno parzialmente, dall’angoscia anche sonora, dobbiamo arrivare a “Pacific coast highway”, che per atmosfere e melodie ricorda molto la “Malibu” di “Celebrity Skin” (non per niente fra i co-autori c’è ancora lo zampino del redivivo Billy Corgan). Musicalmente si tratta di una cavalcata “elletro-acustica” ed a nostro avviso merita la corona di canzone regina del disco.
Da citare anche, per efficacia emotiva, la ballata “Letter to God”, scritta verosimilmente col cuore; i versi più emblematici: “I never wanted to be the person you see, won’t you tell me who I am?”, indirizzati al Creatore, sintetizzano a pieno le difficoltà dell’artista a cambiar vita e addirittura a capire la propria più profonda identità.
Quanto al resto del disco, come accennato all’inizio, è comunque di ottimo livello (vedi la poppeggiante “For once in your life” o la frenetica “Loser dust”) e questo ci permette di consigliare serenamente l’album a quanti, pur apprezzando il genere, non nutrono pregiudizi contro la bionda “front woman”, magari considerandola solo un “falso esistenziale” tirato su solo per far soldi col più classico dei miti: “sex, drug & rock n’ roll”.
La nostra (personalissima) idea è che la gran parte dei sopra citati demoni non siano un‘invenzione e che l’inquietudine che attraversa l’intera discografia di Courtney Love come una lama di un pugnale non sia totalmente creata ad arte, ma forse solo artisticamente un po’ esasperata.
Ma, dopo tutto, ciò che conta è pur sempre la musica e quella – state tranquilli – c’è era prima e fortunatamente c’è ancora.

Tracklist

1. “Nobody’s Daughter”
2. “Skinny Little Bitch”
3. “Honey”
4. “Pacific Coast Highway”
5. “Samantha”
6. “Someone Else’s Bed”
7. “For Once in Your Life”
8. “Letter to God”
9. “Loser Dust”
10. “How Dirty Girls Get Clean”
11. “Never Go Hungry”