I will kill you “Estrema Putrefactio”, recensione

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Nati da un idea di LM, l’extreme obscure metal band I will kill you, approda in questi mesi alla label finlandese Inverse Records, anche grazie al sapiente operato della Red Cat Promotion, sempre più interessante realtà mediatrice di un buon metal dalle sfumature ampie e senza confini.

Il quartetto italiano, dopo fisiologici assestamenti, giunge finalmente a finalizzare il proprio full lenght di debutto, opera più che interessante; ricca di coraggio espressivo e basi significative legate alle estremità del metal. L’album, naturale proiezione di Plastination, sembra voler raccogliere le spore dell’espressività oscura e nereggiante del black, mescolandola ad intarsi espressivi che si avvicinano a brutal e death, senza però mai premere sull’acceleratore delle sinapsi.

Estrema Putrefactio si presenta attraverso lo splendido estetismo della sua cover art, da cui si evince l’atrocità degenerativa di un mondo malato, vissuto attraverso gli inquietanti occhi neri che divengono metafora confusa nella back cover, abile a restituire, mediante i suoi colori sanguinari, l’idea di un inevitabile ed incontrollabile gore taste.

Proprio l’impronta nera viene data dall’opener Fragment Abnegations, in cui un inquieto organo funge da sfondo al Credo , estratto filmico de Il Padrino , curiosa overture in grado, come spesso accade nel proseguo del platter, di disorientare l’ascoltatore. L’impronta black (non certo puro e norvegese) si appoggia su di un blast beat dimmuborgiriano, posto all’interno di un alternasi di andamenti diastolici, che conducono ad un calmierante arpeggio di chiusura. Il brano, a dire il vero, non del tutto convincente, si differenza immediatamente dall’espressività inattesa di Preliminary Autopsy report, in cui schema strutturale lascia il posto ad un ben assestato growl, che, nella sua fase iniziale, modula marcescenti riff rinchiusi in una schizofrenia espressiva, atta ad ergersi verso blandi accenni Pig Squeal.

L’ascoltatore viene poi trascinato verso i vortici di Ante Mortem, strumentale riflessione caustica e nereggiante, che non lascia spazio ai pensieri, giungendo così a deflagrare l’ossigeno vitale, avvelenato da lancinanti urla che non trovano pace, proprio come dimostra Apologies of Vain Mind. Il sampler introduttivo apre ad una riuscita intensità esecutiva, in cui il riff portante avvolge le linee di un drum set battente e i cambi di direzione, in grado di delineare una direttiva di cantato perfettibile, ma al contempo piacevolmente recitativa.

Se poi le impronte slayeriane della titletrack ci indirizzato verso sensazioni Cannibal, il ciclotimico andamento sembra voler metaforizzare alla perfezione lo sdoppiamento psicotico della voce, pronta a mostrare il meglio di sé nelle intenzionalità brutal, genere richiamato da un songwriting in Six Feet Under style.

Non mancano poi curiosi interludi narrativi ( Agony) e strumentali ( Die), né rimandi al proprio retroterra culturale ( Casket garden), inteso come opera complementare di un straordinario apice espressivo: Everything was full of blood . La traccia, battente, rapida e soffocante appare la punta di un iceberg solido e ben formato, allegoria di un disco inteso e credibile che, tra cambi di vigore e curiosità citazionistiche ( Ghost track) sembra volersi porre al servizio di un incubo intrecciato al reale, pronto a interiorizzare spazi compositive vicini ai primi Vomitory, senza però mai dimenticare impalcature Blacked e reali follie esecutive ( Nwolc).

1. Fragmented Abnegations
2. Prelimenary Autopsy Report
3. Ante Mortem
4. Apologies of a Vain Mind
5. Extrema Putrefactio
6. Agony
7. Casket Garden
8. Die
9. Everything Was Full Of Blood
10. Nwolc