Le scimmie “Dromomania”, recensione

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La Dromomania è la tendenza ossessiva a camminare senza una meta precisa. Presente in soggetti affetti da un certo tipo di schizofrenia, rappresenta il tentativo di placare il malessere psichico, fungendo da elemento liberatorio nel confronti di ansia e degenerazione mentale. Questo tipo di patologia viene applicato da Le scimmmie alla società moderna, che vive oggi, più che mai, di paure e deliri. Una dissociazione mentale in perenne lotta contro l’oblio cupo e claustrofobico.

Il ritratto che viene dato dal combo vastese si allinea a grandi linee ad un dipinto surreale, dentro il quale l’ascoltatore si ritrova immerso come rappreso dalle allucinazioni Stendhaliane. Un surrealismo pittorico più vicino al mondo di Salvador Dalì, con i suoi infiniti dettagli ed epifanie intratestuali, piuttosto che alla precisione ossessiva definita attorno all’arte dell’ultimo Magritte.
Le sonorità de Le Scimmie colpiscono dirette, riuscendo a attirare a sé l’ uditore, attraverso un percorso senza posa, tranciato in diversificati episodi di un unico viaggio. L’elitaria peculiarità di questo debut, distribuito dalla Lunatik/Wondermark, e proprio quella di estendere L’origine iniziale abbandonando l’uso di una favella, che nulla aggiungerebbe alla narrazione di Angelo Xunah Mirolli e Mario Serecchia, Dei ex machina di questo promettente progetto.

La maniera più adeguata per entrare nel nero mondo pessimistico de Le Scimmie è quello di chiudere gli occhi ed abbandonarsi al buio, per riuscire a dare forma a quelle nuvole del nostro io, create dall’ascolto delle dieci tracce che si muovono senza una precisa meta e senza un preciso intento premeditato.

0000 è il punto di inizio di questo viaggio nella recondita angoscia sociale, tra un delineato impatto soft noise, che ci trascina senza guida all’interno di “un mistico oblio” ed un flusso continuo ci trasporta all’interno di un quadro ricco di particolari, immerso in sentori di timida e pensosa vitalità.
La camminata immaginifica ci destabilizza; guardando attorno con la mente ci si ritrova in un luogo familiare, ma irreale in cui la cavalcante e spaventevole atmosfera ci ricrea sentimenti di sgomento portandosi ad una diserzione incomprensibile.
Gli ottimi riff stoner di scuola Fu manchu caratterizzano alcune parti climatiche, in cui la catarsi sale di tono progressivamente senza fiato. Perse le energie L’ascoltatore si nasconde per sfuggire all’ignoto e dopo qualche istante il viaggio riprende come in un vortice circolare.
L a quiete, o meglio, l’illusione di quiete si palesa nel post rock di Athazagorafobia , che si posa sulla traccia gemella (eterozigote) tra macchinismo industriale e rumorismo bianco.
L’anima stoner del duo riemerge prepotentemente con La frustrazione della psiche,in cui note senza posa, raccontano una sorta di avvilimento, dovuto alla radicata incapacità di conquistare limpidezza. Nulla è come sembra nel buio, persino la dolcezza infantile di un carillon nasconde un’atmosfera rarefatta, senza direzione, vittima di cambi improvvisi in percorsi fluidi e magmatici come in Frekete, in cui una sorta di rewind, ci incatena ad un elastico, per poi essere lanciati verso il passato, un’aria punk dagli accordi tutt’altro che virtuosi, ma concreti e convincenti.
Un disco che mescola sentori seventees (Nostofobia) con un modernismo che di certo non lascerà impassibili i più…nessuna paura di certo le Scimmie non saranno ignorate.

Tracce
01. 0000
02. L’oblio mistico
03. Dromomania
04. Athazagorafobia I
05. Athazagorafobia II
06. Frustrazione della psiche
07. Aurantifolia
08. Frekete
09. Il filo di lana
10. Nostofobia