Lips against the glass “Vivid colour”, recensione

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Ci sono album che ancor prima di essere ascoltati parlano attraverso la fama, lo scandolo oppure più semplicemente attraverso formule di agressive marketing. Ci sono altri dischi che invece riescono ugualmente nell’intento proto comunicativo, grazie a metafore poetiche che riguardano ad esempio la semplice scelta del nome, oppure lo stilismo grafico dettato dalla cover art.

Nel caso di Vivid colour è proprio l’approccio grafico ad introdurci nelle ombre di questo full elnght, promosso dalla Seahorse Recording. Bruno Armeni infatti sembra voler immortalare le due anime composite del disco, capace di coniugare un area post & dark con elettronica, qui metafora di un attento gioco di luci ed ombre, in cui l’etera ed inquieta anima dagli occhi ghiacciati , sembra indefinibilmente ferita da pochi linearismi. In perfetta complementarietà, arriva a noi con l’introduzione incorporea di Am, post iniziatico che evolve ed abbraccia in maniera diretta la sintesi elettronica che si stende su di una linea di contatto che a tratti sembra voler citare la cupezza dark dei Cure anni ’90.

La vocalità del frontman appare soffice e sofferta al contempo, in un magico “senza fiato”, trascinato verso emozioni estese che fanno di questa traccia introduttiva una tra le più convincenti composizione del disco, al pari di That moment , sintesi perfetta dell’anima di questo progetto elitario. Infatti, qui come altrove, il ritmo trance si amalgama con delicatezza e coraggio a diluite sensazioni musicali che, per la loro sofferenza recitativa, si avvicinano a sviluppi Sigur ros come accade in 56, traino sonoro della profondità reale dei nostri pensieri.

Se poi il dittico Martina Keep Focus, sembra convincere meno, di ottima fattura sembrano essere i ciclici meccanismi di Pink Lands , in cui le note dal sapore reverse si spigono ai confini alternativi, e Violin, grazie alla quale si entra in un futurismo meccaniccizato, edulcorato però da estensioni sonore davvero di ottima fattura. Spinte filmiche e vocalità filtrate emergono poi dalle partiture, come a voler stabilire un trait d’union direzionale, in cui i suoni si sovrappongono gradatamente per confluire in un unico nucleo narrativo.

A completare i Vividi colori ci pensano infine gli eccessivi battiti sintetici di Hank Moody, vicina agli If the tree could talk e Tremolo, che pur non convincendo appieno, rappresenta una piccola perla di un disco che porta con sé coraggio ed originalità, riuscendo nell’intento di trasportare il sognante attraverso partiture inattese, con le sue macchie artistiche di un mondo inventivo, ventre fertile di sguardi estesi.

Tracklist

1. Am.
2. Not Another Try
3. Hank Moody
4. Pink Lands
5. That Moment
6. Martina
7. 56
8. Tremolo
9. Keep Focus
10. Violin