Lu Silver “Voices, Harmony, Silver strings”, recensione

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Un po’ Kid Rock ed un po’ West Coast Style. Torna Lu Silver, (questa volta senza Small Jackets) polistrumentista romantico e sognatore; cantore di acustica sonorità interpolata tra classic rock dalle sfumature infinite, blues armonici, matrici soul e sensazioni (in)nate al servizio di una vocalità che trasuda amore per il proprio mondo.

Il disco, promosso dalla Go down records, restituisce un artista in piena salute creativa, bravo a difendere la peculiarità e l’espressività legata ad una timbrica davvero avvolgente, in grado di definire espressività sonore di ampio respiro stilistico. Questo interessante Voices, Harmony, Silver strings sembra voler rappresentare, non tanto un debutto, quanto un piano di arrivo, in cui le idee elucubrate tra le note dell’ex band, riescono a maturare e a trovare la luce attraverso tracciati immediati e coinvolgenti.

Ad aprire l’album è una curiosa introduzione, in cui la preparazione della armonia è accompagnata dal suono di una radio messa a tacere dal piano di Daniele Orlando, il cui delicato muoversi,fornisce la bussola al timbro caldo e sorprendente di Luca Donini. La linea vocale non può che ammaliare con i suoi graffi stilistici e le sue attente coordinate, dirette verso un piacevole sound dalla postura maudit.

Un piacevole e sognante agglomerato di note, in grado di mescolare edulcorate armonie (Broken Promises) a tradizionali rivisitazioni, in cui ritroviamo riuscite impostazioni country (The same old song). Il viaggio prosegue poi con la melanconia di See me in the rain e i semplici accordi di I’ve got time, piacevole ballata in cui il basso di Marco Pizzolla definisce contorni di un tragitto Stonesiano per arrivare tra le pieghe diluite di Desolation, gioco strumentale funzionale alle armonie di Sister Butterfly.

Se poi troppo retrò appaiono brani come Life and love, è con il southern sound di Rollin’ Down,che l’autore ci trascina dentro una splendida aurea d’oltreoceano, adatta all’Ost di Sons of Anarchy, nonostante gli intarsi Fender e l’approccio Hammond.
Insomma…un disco che riesce a implementare spezie Guns, metodologie Stone Temple Pilots ed inventiva Beckettiana..

1. Intro
2. A song for you (LEON RUSSELL)
3. Broken promises
4. The same old song
5. Life and love (I believe in you)
6. Save me
7. Rollin’ down
8. I’ve got time
9. Desolation
10. Sister butterfly
11. Sail away
12. See me in the rain