MAx Petrolio “Humor Pomata”, recensione

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Ladies and gentlemen… ecco a voi l’ultima folle opera di Max Petrolio che, accompagnato da Paolo Laconi , Barbara Oggiani, Paolo Messere, Federico Pazzona e Luca Monaco, torna sotto l’incrollabile sconsideratezza sense/non sense di Humor Pomata. Il disco, edito da Seahorse recording, presenta (sin dal primo impatto) il suo voler essere e ritrovarsi sopra le righe della banalità. Un’iniziativa avvolgente e calibrata per un project che consta di un booklet destabilizzante per le sue immagini provocatorie e per il suo approccio libero all’editing, metro d’anticipazione della surreale tracklist:

Humor 1
Humor 2
Humor 3
Humor 4
Humor 5
Humor 6

Una impulsiva decisionalità che per certi versi ritrova la strada dell’estremismo lirico degli Apisonadora, non tanto per l’approccio musicale, quanto per il provocatorio intento filologico.

Il disco raccoglie idee, coraggio ed ironia in un calderone lessicale che si bilancia su di una perfetta armonizzazione appoggiata ad un convincente arrangiamento, capace di unire, senza troppi fronzoli, l’anima elettronica alle divergenze jazz dai classicismi edulcoranti.

La poetica vivace delle sei tracce appare per lo più cupa, ricercata e metaforica, proprio come dimostrano i bridge che pongono i diversi racconti in comunicazione tra di loro. Un opera curiosa che convince a pieno solo dopo un plurimo ascolto, come dimostra l’introduttiva Humor 1, il cui attacco di chitarra (per sintomatologia armonica) sembra ricordare l’Everlast solista, per poi mutare con voce pulita verso piccoli interventi di una chitarra elettrica, sapientemente immersa in blande echi e impercettibili effetti vocali.

L’interessante intarsio della tromba definisce poi con il suo cambiamento aggiuntivo, l’introduzione al soffuso dolore narrato attraverso archi calmieranti, atti a trascinarci in un piacevole alterato stato di coscienza, in cui la sensazione onirica promuove un incontro tra classicismo velato ed accenni di elettronica, arrivando così a ridare all’ascoltatore un brano prettamente filmico. Una nera ed oscura visione sognante, che ben si sposa con la sua overture finale, caratterizzata da un saporito retrogusto retrò e da una continuazione sognate espressa sul finire da Humor 6.

Dunque…possiamo parlare di un disco particolare, che ricerca una progettazione tout court, innestando un iniziato processo di sinergia trans-artistica, definita attraverso una visione relativa delle note.