MoRkObOt’s “GoRgO”, recensione

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Reale o surreale? Questo lo lascio decidere a chi avrà la fortuna di immergersi in uno dei dischi più interessanti di questo ottobre 2016. Un’opera decisa e marcata, da ascoltare chiudendo gli occhi per poterne assaporare la spirale dei suoni narrativi. Si chiamano Morkbot, e sono un folle trio composto da Lin, Lan e Lon, tre messaggeri sottomessi al volere di una demiurgica (e fantascientifica ) dominante ancestrale. Dediti ad ipnotiche ridondanze, il trio apre le comunicazioni con il mondo lontano, pronto a riportare alla mente i primi Godflesh, qui intercalati tra sperimentalismo e movimenti catchy.

Infatti, proprio come dimostra l’incipit di questa travolgente pièce musicale, la band offre (con Krogomot) un dinamico cambio direzionale di sensazioni osservative, poste alle soglie dell’oscurità, pronte ad aprire lo sguardo a metodiche solo apparentemente poste sul più ampio respiro di Kologora, in cui persistono le sovrastanti ritmiche della profonda bass line e di un tormetato drum set, anima grezza del project. Un’incalzante argomentazione sonora, in cui persistono anime divergenti, proprio come metaforizza alla perfezione la cover art, in grado di ricreare una sincrasi simbolica definita da spigoli e rotondità, oltreché da un cromatismo spinto verso la semplicità di un minimalismo inatteso.

L’opera, insana ed avvolgente, mostra poi con Gorokta una movimentazione alimentata da cripto-noise e stilemi piacevolmente pletorici, in grado di avvolgere gli astanti trainandoli verso il reale suono di una quotidianità isterica e metodica, proprio come accade in Ogrog. La traccia, limita da intuizioni industrial, si offre armata di riffing tipicamente death thrash (senza virare certo verso un obiettivo chiarificatore,) e si allinea a influenze poliedriche che definiscono una riuscita assenza di stabilità. Equilibrio naturale che si raggiunge solo parallelamente (Kromot) attraverso emotività descrittive che fungono da arte visionaria ed iper-reale.

A marchiare il sentiero di questa perfetta (forse esagero?) arte compositiva, sono infine le zone buie e mansoniane di Krogor, dimensione “atroce” di un mondo (solo apparentemente) impiantato su visioni flash foward, che anticipano la chiusura dettata da Gorog, in cui il moderatismo iniziale ridefinisce, con rimandi diluiti ed oscuri, una narrazione ricca di espressività e ricami sonori impreziositi dal synth di Giulio Favero, abile nel destare un doomatico lato rappresentativo.

Un disco dunque in grado di immergere l’ascoltatore in un ricercato non-luogo, posto ai confini di un tempo indefinito.

Tracklist

Kogromot
Kologora
Gorokta
Ogrog
Kromot
Krogor
Gorog