N.D.h2o

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N.D.h2o
“Io non posso entrare”

self-production
kickagency promotion

Dopo aver vissuto l’ epoca garage, intesa non come tipologia musicale, ma come luogo dove poter suonare, e dopo l’ evo delle cover, vero e proprio rito di passaggio in cui ci si trova a rivivere il passato, attraverso sofistiche interpretazioni che inseguono l’occasione per poter emergere, eccoci giunti al tempo del full-leght album.

La sintetizzata storia d’apertura è quella dei parmensi N.D.H2O, geniale acronimo di never drink water, che arrivano a conclusione di un self produced cd, che accoglie dieci tracks, costruite sopra un semplice punk rock, mescolato ad incursioni di classic hardcore. La band, probabilmente penalizzata da una qualità non eccelsa della registrazione, ha da un lato il demerito di proporre un suono che poco ha di nuovo, incapace di uscire da ridondanti melodie più vicine al nu-punk che non al sound più grezzo dei Pistols. D’altra parte però i N.D.H2O, hanno la benemerenza di allontanarsi da alcuni raffermi schemi, proponendo testi accorti, molto ben curati, che riescono a dire qualcosa di più adulto rispetto alla banalità e alla futilità che spesso contraddistingue il mondo “marcio”. Lo stampo sociale dei testi, tutti fortunatamente in italiano, emerge ad esempio in “Senza retorica”, convincente traccia di grezza durezza, e nell’introduttiva “Davanti a me”, implicito riferimento alle tristi lacrime raccontate da Becis in Garage Olimpo.
Purtroppo, talvolta la bella voce di Barbio si perde tra le note delle partiture, come nella titletrack, che ha però il felice slancio di porre in primo piano l’abilità di Milio che, con la sua batteria, riesce a ritmare i back chorus in stile OI . Se “Solitario pensatore” porta alla mente i nuovi Persiana Jones e “Nicaragua” ha qualcosa di Punkreatico, il meglio si ottiene con “Il re” forse per il pregio di unire melodia e cambi di direzione soffici all’interno di un suono rustico. Il viaggio prosegue con i riff dell’illuministica “Accendi”, attacco ad una società che sembra ricordare quella dominata dal Socing narrato da Orwell in 1984, e si conclude con “Spalle al muro”, che fortunatamente non vuole coverizzare una vecchia canzone di Renato Zero, ma intende chiudere un album, che pur non proponendo nulla di realmente nuovo, riesce a trasmettere non solo rabbia viscerale ma anche concetti e idee, andando oltre al “Sex and Violence” degli Exploited. Quindi diamo tempo al tempo e godiamoci i primi passi di questo ensemble che dimostra il coraggio di osare.