No Hay Problema “QLMS”. recensione

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Dopo qualche tempo, torniamo a parlare dei No hay problema, spinti da un vento sereno, pronto a spirare su di un mondo in difficoltà. Un soffio vitale legato a Quando la musica suona, perché tutto può accadere con le note della band palermitana…ma lo dico subito: il disco non mi è piaciuto!
Il perché probabilmente si radicalizza in uno stile (per me) ormai lontano e a tratti fuori tempo. Un’ambientazione che per certi versi mi ha riportato alla mente il mondo narrativo di Caputo e Dirotta su Cuba…entrambi mai digeriti con facilità. Ma questa mia affermazione, scomoda, antipatica e inusuale, probabilmente significa ben poco, perché, ad intuito, il nuovo operato della band palermitana piacerà ai tanti che ricercano brani leggiadri, fortificati attorno ad un credibile battito jazz, in grado di abbracciare sintetici approcci modali.

Il disco, di certo ben suonato, pur offrendo spazi poco luminosi (Il punteruolo rosso), racconta piacevoli rimandi retrò, proprio come accade con Maledetta autonomia, ironica composizione, in perfetta armonia con l’espressività di No hay problema. Proprio dall’impostazione radiofonica della traccia, la band riesce, con ammiccante semplicità estiva, a raccontare storie, trainando l’ascoltatore verso note cripto reggae di Chiara, in cui reminiscenze Meg emergono dalle strofe bilanciate, per poi perdersi in un inciso a cui manca un reale collante.

A chiudere il nuovo full lenght sono poi le emozioni rare di Drume Negrite, in cui l’anima reale della band (Marco Faldetta) ci invita verso Brainchild, deliziosa energia libera, in cui il sapore lounge dona spazio ad idee ancora in bilico.