Noais “Lanterne”, recensione

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Noàis è una richiesta garbata di servire le cose senza diluirle, perché non ha più senso farlo.
Senza ghiaccio per gli intenditori, senza senso per tutti gli altri.

Si descrivono così i Noais, ensemble astigiano nato dall’urgenza espressiva di Jacopo Perosino, motore demiurgo di un progetto volto ad un’attenzione narrativa perfettamente veicolata da un cantautorato inusuale, in grado di ricamare i propri confini espressivi attraverso note folk, rock, blues e pop.
Infatti l’atteso debutto, promosso dall’Altoparlante, sembra voler rincorrere storie comuni, ben narrate non solo attraverso le parole, ma anche mediante una struttura sonora curata ed armonica, frutto di ben due anni di lavoro, dedicati a costruire un disco degno di menzione.

Così, tra amore e rabbia, giungono a danzare il rock autoriale assieme ad auree mediterranee, da cui si stagliano tracce nordiche, folk e blues, poste tra i margini di una piazza sonica che conquista appieno, anche grazie alla moderata e calibrata durata delle sette tracce.

Un tragitto ricco di personaggi e storie avvolgenti che conquistano anche per la loro arte letteraria, proprio come l’introduttiva Hanno ucciso Colapesce, in cui uno schiacciapensiarei racconta le onde di un mare definito ai suoi margini da una chitarra narrativa, alla quale si unisce un’aurea cantautorial- folk che porta alla mente alcuni aspetti espressivi del miglior Caparezza. Mentre il violino ed il tamburello definiscono le cadenzate pareti della Trinacria, il disco ci invita tra i silenzi e le ripartenze di un modus operandi teatralizzato da un songwriting curato ed interposto tra armonie agevoli e lineari (Nun t’arrabbià ).

Lasciate dietro di sé i rimandi a Pino Daniele, la band da inizio ad una virata verso il nord europeo, arrivando ad attraccare sulle sponde di un’Irlanda celtica, giungendo a mostrare un curioso lato folk che sembra voler portare alla mente l’anima combat dei Gang, qui incrociati con La grande famiglia, pronta a cambiare direttiva riversandosi nei contemplativi e ponderati passaggi rock & Blues di Emmeraviglia (Light my room tonight) . Un blando levare impreziosito dalla femminea vocalità di Maria Rosa Negro, abile nell’ammaliare quanto Che bella giornata , in cui le dita veloci corrono ad accarezzare la sei corde. Una sorta di moderno stornello pronto a raccontare la storia di un amore finito. Una traccia dai cromatismi grigi con picchi in color pass che, tra reazione emotiva e piacevolezza espressiva, vengono calcolati su di una storia semplice ed emotivamente efficace.

A chiudere il disco è la deliziosa anima frangibile di Sudato e Fragile in cui le spatole toccano un delicato drum set dai movimenti emozionali, ingemmati da violini magici che acuiscono soffuse suggestioni in grado di metaforizzare un concetto (riuscito) di musica apolide.

1. Hanno ucciso Colapesce
2. Nun t’arrabbià
3. Mary Jane
4. Emmeraviglia (Light my room tonight)
5. Che bella giornata
6. Colpa di Maria
7. Sudato e fragile