Norhod “The balzing Lily”, recensione

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Polemos, che nella mitologia greca era il demone della guerra, per Eraclito rappresentava una sorta di superficiale dualismo tra i contrari, principi basilari del logos indiviso, vale a dire la legge universale della Natura. Infatti, fu proprio il filosofo di Efeso a ridefinire la logica degli opposti, facendo luce sulle leggi segrete del creato, mostrando l’inevitabile rapporto di interdipendenza tra gli opposti, in eterna lotta tra loro, ma necessariamente vivi grazie all’altro.

Nulla esisterebbe senza il proprio opposto, esattamente come accade nel mondo di The Blazing Lily, opera d’esordio dei nostrani Norhod, giovane symphonic metal band.
Proprio tra le 11 tracce del full lenght si rivitalizza la filosofia eraclidea, definendo essenziale e necessario il contrappeso inverso tra le candide e liriche note vocali di Clara Ceccarelli ed il Growling composto di Giacomo Casa. Un compendio di cliché (termine neutro senza nessuna accezione negativa) tipizzata attorno a questa tipologia di metal, qui rivisitato (però) da forti connotazioni folk e consistenti approcci classici.

Tornando al parallelismo filosofico, possiamo dunque definire le partiture della corposa line up come un “è e non è all’unisono”, tanto da tediare chi vive di solo slammin brutal e da rivitalizzare chi ama sonorità accuratamente liriche. Questa tipologia di sound, da sempre crocevia di stili e sviluppi molto lontani tra di loro, arriva talvolta a scontentare oltranzisti e a convincere chi riesce a ridefinire tematiche e groove secondo canoni diversificati. Presumo dunque, senza voler ricadere nel didascalico, che un sound come quello dei Norhod possa essere vittima di un eccesso di soggettività, ricadendo nella semplicità dicotomica. A dimostrazione di tutto ciò si palesa un introduzione strumentale che, tra (simil)archi e variegati cambi di tempo, arriva definire il pathos narrativo, immerso all’interno di una preponderante aura orchestrale dalla quale si riparte per i sentori epic metal di Doomed to Oblivion. Il richiamo al classicismo sinfonico, sviluppato su proto-madrigali medioevali, invitano l’ascoltatore verso riff narranti, per una storia definita su pattern ritmici appassionanti. Se la parte iniziale sembra ricordare alcuni passaggi inquieti del’original soundtrack di Phenomena, non mancano motivi armonici atti a volgere lo sguardo verso terre lontane e fantasiose, inquinate da sentori prog e passaggi curiosamente maideniani.

Il buon growl, controllato di Jev, aiuta a definire i contralti in Illusion of infinity, in cui il disorientamento narrato, trova convincenti passaggi alla sei corde, per poi collegarsi in maniera non del tutto naturale con la dolcezza osservativa di Lily’s Ashes. Le note chiare e pulite della sei corde definiscono una concezione di calmierante balland, atta ad aprire i cancelli alla voce di Clara Ceccarelli, in attesa del growl accompagnato da un fuoco di suoni elettrici, avvolti dalle fiamme sonore, da cui si riconoscono rigurgiti call and response. Dalle forme classiche si passa infine alle forti influenze folk di Fading with the dark, definita attorno al sentore celtico, pronto ad appoggiarsi al ritorno epico di Last Sundown, perfetta nel suo approccio filmico.

Dunque, un disco tanto elegante quanto impetuoso, che alterna in maniera deja ecù sonorità sui generis, tra tastiere ed arrangiamenti orchestrali, in grado di accompagnarsi a pattern non del tutto originali, ma gradevoli nel loro insieme.

TRACKLIST:

Caer Arianrhod
Doomed to oblivion
Illusion of infinity
Lily’s ashes
Fading with the dark
Through the forest
Last sundown
Creatures
Mirrors lady
Arianrhod
White spiral