Ovo + Raven Chacon ” Crisalide fossile

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Dopo l’arrivo della tape Crisalide fossile, mi sono chiesto come ascoltare la cassetta. Tra le varie opzioni ho scelto proprio quella più difficile, riesumare il mio vecchio mangiacassette. Tolta la polvere della conservazione, i miei passi all’indietro sulla sottile linea del tempo sono stati come un dolce ritorno ad un mondo perduto, proprio come quello narrato da questa coraggiosa opera proposta dalla Bronson Recordings, label specializzata in produzioni in grado di andare oltre le banalità.

Una filosofia rara, quella degli Ovo, grazie alla quale si riesce a materializzare un’apparente ossimoro, ovvero quello di raccontare un futuro anteriore mediante tecnicismi analogici di un passato sempre più lontano. Uno sguardo all’indietro, alimentato da un suono inquieto di fiati primitivi e rudimentali, che giungono ad incontrare il riverbero oscuro di attesi suoni. Una mescolanza strutturale che ci riconduce ad una effettività sviluppata come sincrasi di claustrofobia osservativa e lento (ma disturbante) movimento. Un’inerzia sonora ideale per accogliere gli astanti in una realtà lontana, visionaria e a tratti parallela, in cui si ritrovano spiriti Piper of the gates of dawn, immersi in psichedelici vortici ridondanti, atti a mantenere il lineare filo narrativo.

Un percorso perfetto nel suo voler riempire il vuoto iniziatico attraverso una cadenza metaforica, in cui l’utilizzo accorto delle percussioni, appare in grado di restituire maggior risalto ad effetti radicalizzati di un blando noise. Il tracciato, vissuto come un unico flusso di coscienza, perpetra le forza evocativa della tribalità, grazie al drumset di Bruno Dorella e alla destrutturata arte narrativa di Stefania Pedretti, come di consueto stregante e orrorifica nel suo riportare la creatività su piani multilivello. La dimostrazione performante della comunicazione teatrale musicale è qui sollecitata dal featuring con Raven Chacon, poliedrico e straordinario compositore statunitense, dedito a sperimentalismi e contaminazioni.

Le tensioni espressive del free sound si fanno desertiche poco prima di una reale implosione sonora, da cui si inerpicano suoni arditi, mediante i quali l’ascoltatore è invitato a chiudere l’ossigeno della realtà, per poi ritrovarsi in una location asettica, in grado di raccontare l’ennesima evoluzione degli Ovo.

Insomma, un’opera d’elite, in cui non si ritrova l’anima descrittiva di Vae victis, perché, questa volta, la band noise rock vuole (probabilmente) portarci in blocchi temporali perduti, attraverso l’uso accorto di onirica espressività.