Papetti AndreaL’inverno a settembre, recensione

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Andrea Papetti, giovane cantautore nostrano, arriva dalla terra marchigiana vestito di poesia in musica, prodotta artisticamente da Alessandro Svampa, già collaboratore di Francesco de Gregori, ed accompagnato dalla tecnica chitarristica di Massimo Fumanti, il contrabbasso di Luca Bulgarelli e i tasti jazzati di Angelo Trabucco.
A questo parterre de roi si uniscono anche Mauro Menegazzi alla fisarmonica e Fabrizio Mandolini, nomi ben conosciuti nell’ambiente musicale italiano.

Rafforzato dalle spalle coperte, Papetti offre con il suo Inverno a Settembre un disco melanconico, pensoso ed intimista, le cui evocazioni liriche portano l’ascoltatore all’interno di quella realtà che ogni giorno viviamo, della quale spesso però non osserviamo le sfumature. La tracklist racconta di un lungo viaggio sonoro che da Parigi arriva a Baudac, tra evocazioni musicali prettamente mediterranee, tra passione sonora e sviluppi delicati e metaforici.

Le dieci tracce si aprono attraverso i testi di un booklet impoverito da colori piatti e fotografie raffazzonate, che sviliscono la poesia scrittoria di Andrea. Il problema però sembra essere controllato dalla cover art da cui scaturisce con maggiore attenzione una ripresa fotografica, degna del sapore che questo inverno anticipato vuole trasmettere. Il disco infatti, pur vivendo tra alti e bassi, riesce, almeno sul piano del songwriting, a colpire nel segno, supplendo a mancanze stilistiche di un arrangiamento talvolta scontato e piatto.

Se l’introduttiva Hotel appare sensibilmente forzata nelle sue citazioni letterarie e pittoriche, la linea musicale colpisce d’impatto, riportando alla mente le note più dolci di Des visages des figures, raccogliendo quell’aurea arancione tipica dell’autunno citato dalla fotografia di Fabrizio Emigli.

Le note ci conducono, attraverso il recitato Il testamento di Enzo, alla dedica canora di Papetti allo scomparso giornalista, mediante suoni jazzati che ci trasportano come nuvole sopra il cielo di Bagdad, per poi ritrovarci nuovamente nel Mare Nostrum per un viaggio che da Ancona ci conduce nella romantica Parigi.

Non mancano poi ballad retrò come Vanilla sky, (a dire il vero non troppo riuscita nel suo sapore retrò) né la poesia di Il molo, ideale porto di attracco a tutti quegli uomini sorpresi dalla pioggia. Una sana e metaforica idea di liberazione e rifugio in perfetta armonia con l’apocrifa lettera di Neruda che appare nel canto di amore e libertà Così lontano , così vicino.

Il disco si chiude in crescendo con la sentita dedica a Peppino Impastato e alla sua Trinacria, portata in auge dal dialetto siciliano, risvegliato dalla splendida sonorità della bons track Banneri realizzata in featuring con l’ex Agricantus Pippo Pollina

RACKLIST
1. Hotel
2. Il testamento di Enzo
3. Inferno Baghdad (a Enzo Baldoni)
4. Parigi, cosa avevi per la testa?
5. Così lontano, così vicino
6. L’inverno a settembre
7. Vanilla sky
8. Al molo
9. L’uomo della verità
10. Ninna nanna
11. Il cielo di Beslan

Bonus track

12. Banneri (con Pippo Pollina)