Patrizio Fariselli

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L’improvvisazione in questo lavoro è vissuta in modo “coprofagico” inteso come momento di consapevolezza necessario per sfuggire agli “archetipi culturali che la società ci costruisce addosso”

Patrizio Fariselli non avrebbe la necessità di essere presentato, ma al contempo mi rendo conto che non tutti possono essere arrivati a lui attraverso la figura di Demetrio Stratos o Paolo Toffani. Fariselli, abile ed eclettico compositore, rappresenta ancor oggi, buona parte della storia degli Area International Popular group e di quel tentativo di creare una “musica totale, di fusione e internazionalità”.

A quasi quarant’anni dalla prima pubblicazione, ritroviamo l’autore alle prese con le non-partiture di Antropofagia, opera di culto targata 1977, oggi rimasterizzata in digitale e riproposta ancora per la Cramps Records.

Sei composizioni libere e coraggiose, basate su di una struttura free del suono, in cui lo stereotipo suono = gradevole e rumore = fastidioso sembra perdere forza concettuale. Infatti le piccole opere di Antropofagia riescono nell’impatto sonoro a ridefinire i parametri di un giudizio attento e propedeuticamente preparato.

Il viaggio ha inizio con Roastbeef, rumorismo puro in cui lo strappare delle note, metaforizza il suono della nostra coscienza confusa, travolta da istinti liberi e primitivi, in una semplice modalità di comunicazione priva di parole. Un giocoso rumorismo genuino e spensierato, che si evolve tracciando un fil rouge dal quale si ergono spezie minimal noise che adoperano armonici di chitarra a 12 corde e un pianoforte preparato con chiodi, viti, mollette di legno, carta, sassi, catene, elastici di gomma, un rotolo di cotone idrofilo e una bistecca di manzo.

L’uso del piano rafforza la presa artistica attraverso l’alternarsi di ottave estremizzate, in cui il criterio isterico delle stesse è bilanciato, come in una ricerca dai sapori equilibrati. Una sensazione caustica e claustrofobica data dalle 32 note sinistre che Beethoven non ha ritenuto necessario usare per Für Elise. Il pianoforte, reale attore protagonista, si unisce a sonorità percussive ed intese, in un attento legame fuori dalle linee al servizio di uno sviluppo sonoro che, pur concedendo qualche aspetto armonio, si mescola con il silente incipit di 46 re-blocks, tracciato angosciante ed inquieto. Gli accordi registrati e lasciati risuonare nei due sensi del nastro magnetico, portano con sè una sorta di disorientante perdita di labirinti, un risveglio confuso in cui i silenzi sembrano essere assordanti nel loro impatto atmosferico molto vicino allo Stanley Kubrick di Eye wide shut.

Con In-side Out-side l’autore arriva ad usare un linguaggio fonologico molto legato al concetto di dinamica sonora attraverso un’ esecuzione basata sul progressivo e meccanico aumento della pressione delle dita sui tasti. Una sorta di free jazz rivisto sotto la visura noise che, come in una campana di guass cresce per poi tornare al suo stato iniziatico, atto anticipatori del lato B, da cui si erge il piccolo capolavoro Antropofagia innestato ai lati di Pour en finir avec le jugement de dieu, di Antonin Artaud. Una traccia magica, che ritrova nell’imprò la sua vera anima fuori tempo, anello lucido di un disco che non possiede età.

side one

Roastbeef (5’58”)
Scorie (3’00”)
46 re-blocks (5’55”)
In-side-out-side (5’20”)

side two

Lenny Tristano (8’20”)
Antropofagia (11’30”)