Retrospective for love “Retrospective for love”, recensione

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In questi anni veloci, affetti da brevismo e dilagante SDA, ho imparato a rivalutare il concetto di Extended Played. Infatti, a differenza di vent’anni addietro mi sono reso conto che l’EP non rappresenta un disco tronco, ma piuttosto un romanzo breve, in cui poter trovare l’anima reale di un artista. Un viaggio rapido nell’essenza musicale, attraverso il quale si riesce a raccontarsi tra sintesi e fluidità.

Tra i migliori Ep di questo mese, mi sento in dovere di segnalare il selftitled dei Retrospective for Love, band italiana nata all’ombra del Big Ben.

Proprio dalla capitale inglese l’ensemble trasporta un’aria internazionale, posta sopra le linee di reggae-dub, soul ed hip hop. Un triangolo magico, che discopre armonie inusuali e ben definite.

Il disco, apice consequenziale di Live@ the park Studio, si racconta attraverso quattro tracce davvero convincenti, non solo per il loro esporsi, ma anche grazie al livello di armonizzazione; un platter che, forse, per merito dell’esperienza, qui sposata alla regia di Noel Summerville, sembra restituire un’opera lucida definita su concrete sensazioni reali.

La dimostrazione dell’ottimo lavoro di pre produzione, si materializza attorno all’ottimo lavoro di corver art, in cui Manca Flajas definisce un particolare controcampo artistico, in cui la linearità espressiva della band viene ridimensionato in una sorta di astrattismo concettuale che, partendo dal cuore del proprio ego, restituisce pennellate apparentemente governate dalla casualità.

L’album, uscito da poche settimane si apre con l’avvolgente loop lounge di Kill me, felice inserto sonoro interpolato in maniera alquanto originale tra dub, reggae ed hip hop. Uno sposalizio riuscito che pur perdendosi in eccessivi back voice, ci racconta bridge interessanti al servizio di incisi perfettibili, ma coerenti e diretti.

Non mancano poi riusciti sviluppi sincopati, che definiscono l’intreccio arguto con il mondo dello street rap (Read into you), grazie al quale ci si ritrova di fronte ad un’armonizzazione di generi coraggiosa e naturale . Un anima hip hop che, guardando verso un orizzonte Jay Z, sembrano rifarsi ad un anima black, per poi ridefinirsi nel suo atto conclusivo Breathe, inteso come speziato e saporito preludio al full lenght che (si spera) sarà.