Revulsed “Infernal Atrocity”, recensione

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“Filled with disgust”
Provare repulsione.

Mai titolazione fu più adeguata. Un tuffo in un mondo insano, ricamato su impulsi cripto biblici, deformati da devianza, oscurità e scenografie apocalittiche. Cari amanti del brutal, ecco a voi i Revulsed, guttural trio australiano, in grado di marcare il terreno in maniera solida e assolutamente convincente mediante sonorità granulari e pressanti.

Il combo, nato sulle rive dello Yarra grazie alla creatività poliedrica di Jayson Sherlock, mitologico drummer di Mortification e Paramæcium, si presenta con un debut folgorante, che vive di riusciti rimandi al death metal di inizio millenio e venature old style, da cui si ergono gli spigoli della sei corde, appoggiati su di una sezione ritmica impeccabile, proprio come dimostra l’overture del disco.

Un paio di battiti grezzi e ridondanti, infatti, danno il via all’”Atrocità infernale”. Un viaggio aberrante in una desolata landa popolata di spiriti dannati. A guardia di questo luciferino territorio troviamo sangue e disperazione, metaforizzata dalla straordinaria arte pittorica di Par Olofsson, che sembra voler riportare in vita stilemi Septycal Gorge e Suffocation.
Dal viaggio, intrapreso verso le nebbie della oscurità, emergono claustrofobia e turbamento ben metaforizzate dal riffing di Agonising Putrid Self-Infliction, in cui alcune impostazioni Cannibal trovano estremizzazione nella gutturalità espressiva del frontman, che abilmente sì contorce tra slow e brevi guitar space.

L’impostazione della traccia, posta tra giochi balance e una bass line piacevolmente calda e profonda, si dirama verso sensazioni ansiogene, che trovano corpo in Pestilential Articulation, mentre gli stilemi si fanno più tecnici in alcuni cervellotici passaggi di Imposed Cognitive Reconstruction, in perfetta armonia con la linea narrativa.

Proprio la voce profonda ed inquieta di Konstantin ci trascina tra le composizioni più convincenti, da cui emerge Transmutational Craniotomy . La lirica, posta su rimandi General surgery e Carcass, rivendica un accorto ascolto da cui si palesa ancora una volta la linea del basso battente è regolare. L’imprinting old style raduna poi idee e groove, con il quale lasciarsi andare ad un vorticoso è inevitabile headbanging.

Se poi con Archetypal Cauterization l’apparente easy-listening evapora in favore di un classico death, deliziosamente virato verso i confini del pig squeal, è con Enticement to Carnivorous Impoverishment che il power brutal trio mostra i propri canini. Un apice sonoro che, pur non sorretto da un adeguato songwriting, si pone come esempio di sonorità occlusiva e nereggiante. Infatti, l’angoscia esponenziale dell’incipit sembra voler fornire all’ascoltatore un antro oscuro verso un mondo perduto, dettato da stop’n’go e riprese stilistiche di ottimo impatto.

A chiudere le anime degli ascoltatori tra le insanguinate radici del male è infine la dicotomia che contrapporre la “perspicacia celestiale all’atrocità infernale”, in cui persiste una forma di narrazione visiva, visionaria ed ermetica.

Da qui riparte la band, inseguendo l’iper velocità esecutiva, in cui vivono cambi direttivi e strutture che, come il disco tutto, colpiscono e devastano… ma non avrebbe potuto essere altrimenti.

Insomma, uno dei più interessanti album death metal di questo nuovo anno domini.

1. Rapacious Engorgement
2. Agonising Putrid Self-Infliction
3. Pestilential Articulation
4. Imposed Cognitive Reconstruction
5. Transmutational Craniotomy
6. Archetypal Cauterization
7. Enticement to Carnivorous Impoverishment
8. Celestial Perspicacity
9. Infernal Atrocity