Sekouba Bambino Diabate – Can History

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In Africa esistono molti bravi musicisti, ma poche autentiche star. Sekouba Bambino è una star, l’ho percepito chiaramente una sera a Segou, in Mali, quando al suo arrivo sul palco del Festival sur le Niger l’intero pubblico africano è esploso nel più fragoroso dei deliri collettivi, con tanto di grida isteriche degne delle fans nostrane più accanite.

Ma, nonostante la sua fama travalichi ampiamente i confini della Guinea Conakry, suo paese di origine, per estendersi in tutta l’Africa occidentale e oltre, fino all’Europa e agli Stati Uniti, i suoi ultimi dischi sono ispiegabilmente distribuiti soltanto localmente. Sembra incredibile ma è così, e anch’io mi ero arreso all’idea di ascoltare la frusciante cassetta acquistata presso una bancarella al mercato di Bamako quando, in una bottega di musica africana a Rue Mirha, nel cuore della Parigi multietnica, ho finalmente trovato una copia di CAN History in CD.

Sekouba Bambino Diabate debuttò a 16 anni con la più importante orchestra di musica popolare di Guinea, Bembeya Jazz National, alla quale fu segnalato direttamente dall’allora presidente Sekou Toure per sostituire degnamente lo scomparso leader e vocalist Demba Camara. Oltre ad appartenere a una storica famiglia di griot, Bambino aveva doti canore straordinarie. La sua voce è infatti incredibilmente estesa, potente, espressiva, nitida e al tempo stesso dal timbro ricco di colore.

Egli lasciò i Bembeya Jazz alla fine degli anni 80 per intraprendere la carriera solista. Dopo Le Destin, un bel disco acustico registrato nel 1992 in Costa d’Avorio, venne Kassa, il suo maggiore successo internazionale, prodotto a Parigi dal re Mida senegalese Ibrahim Sylla. Accanto ai brani più trascinanti e ballabili Kassa conteneva due perle: l’intenso Damensena, in cui Bambino è accompagnato dal pianista capoverdino Paulinho Vieira, e Diommaya, un duetto senza tempo con la grande jelimuso Kandia Kouyate, accompagnato da una maestosa ensamble tradizionale malinke. Dopo Kassa venne Sinikan, del 2002, un album splendido e coraggioso prodotto anch’esso da Sylla per il mercato internazionale. Da lì in poi i suoi dischi diventano quasi introvabili fuori dall’Africa.

Uno dopo l’altro escono in cassetta Ambiance Ballon nel 2004, poi 15enne Anniversaire e CAN History, entrambi nel 2005, distribuiti in Africa da Mali K7 e snobbati dalla grande distribuzione europea. Probabilmente in Europa Sinikan non ha avuto il successo che la Sonodisc si aspettava, e così, a partire da Ambiance Ballon, Bambino torna a rivolgersi al suo pubblico originale. La svolta è radicale, lo si vede negli arrangiamenti, che diventano africanamente hi-tech, ricchi di fastidiose tastiere elettroniche e drum machines, nei temi trattati e persino nelle brutte copertine e nei libretti carenti di informazioni.

La rinuncia a produrre album adatti al mercato europeo potrebbe essere dovuta a due motivi: il primo è che il successo africano gli basti, anche perché la società tradizionale sostiene ampiamente e soddisfa completamente i suoi djeli più amati. Il secondo è che Bambino non ha mai incontrato – o forse non ha mai voluto – un pigmalione che lo guidasse in un mondo così complesso come quello dello show business dell’occidente industrializzato. Certamente a lui sta bene così, anche se il suo talento potrebbe consentirgli nuove svolte nel futuro.

CAN History parla della storia della Coppa d’Africa delle Nazioni. L’inevitabile atmosfera afro-tech che domina la maggior parte dei brani viene quasi sempre sovrastata dalla consueta e straordinaria voce di Bambino, che domina l’album e gli conferisce valore. Anche il coro femminile è quanto di meglio si possa ascoltare nelle produzioni mandengue.

Tra i brani, Koumanfè è un mid-tempo dalla melodia accattivante, impreziosito dall’accompagnamento alla kora di Mammadou Diabate, fratellino di Toumani Diabate e autentico fuoriclasse del suo strumento. Dopo Syli National, un pezzo dance in onore della nazionale di calcio della Guinea, il disco procede con altri brani ballabili fino a Sontila, una ballata romantica dalla splendida melodia mandengue, sostenuta magnificamente da n’goni e chitarre. Segue ancora un accattivante intermezzo dance prima che i due brani conclusivi riportino piacevolmente la musica verso atmosfere più acustiche e tradizionali.

Complessivamente CAN History è un bel disco di musica leggera africana di successo, di quelli che restano a lungo in vetta alle classifice locali. Lo sforzo necessario a digerire l’afro-tech sembra essere ben poca cosa rispetto alla ricompensa, che ripaga soprattutto chi, dopo aver conosciuto la world music che si dà un tono da musica colta, è curioso di conoscere quello che in Africa la gente ascolta davvero.

Brani:

Koumanfe
Sily National
Warasso
Garadona
Allez Africa
Sontila
Madiali
Djaka Touba
Alounike