Signs Preyer

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On this full lenght we wanted to bring our emotions raised to the limit…

I limiti a cui fa riferimento la metal band di Orvieto, arrivata finalmente ad un full lenght grazie alla Red Cat Production, non sono certo quelli del territorio brutal, ma piuttosto quelli di un ottimo viatico tra classic hm e nu metal. Infatti, il disco urla le sue emozioni nwbohm, proprio come accade nella splendida corver art curata da Damiano Bellocchio e Andrea Carboni, i quali donano un approccio grafico-stilistico che (ahimè) si perde nelle pagine interne del booklet, in cui il font anonimo delude le aspettative, non tradite però dall’approccio sonico che il combo italiano riesce a concretizzare attraverso dieci tracce cariche di stoner e crossover.

Oggi, forti dell’esperienza con Pino Scotto, Corrosion of conformity e Paul di Anno, la band si delinea attraverso emanazioni ’90 applicate ai nuovi panorami del metal, inteso nella sua più ampia accezione. Ad aprire l’headbanging è l’ottima Anger, interessante coniugazione armoniosa delle vecchie onde heavy, applicata al mondo dei Down, Coal Chamber e Korn, implicitamente citati da parallelismi concretizzabili sulle linee di cantato, che si affiancano ad un approccio tecnico di valore.

Il disco racconta senza soluzioni di continuità il dolore di Painless Pain e la misoginia di Bittch Witch, in cui l’ottimo incipit avvicina un easy rock al mondo di Zack Wilde; infatti la metodologia evoluzionistica del cantato arriva a definire un inevitabile avvicinamento al Black Label Society style, da cui passa l’ottimo dialogo tra le chitarre, definito al meglio dal drumming crescendo in It comes back real.

Sviluppi nu metal si percepiscono poi nell’ottimo andamento di Just to kill you, che pur perdendosi nel chorus, riesce a rimanere aggrappato ad una sensazione metallica di buon impatto sonoro. A queste linee di andamento, si aggiungono i sentori post grunge di Killer instinct che, forte di un buon songwriting, definisce un cambio registro esecutivo, che prosegue nell’ultima parte del disco in cui ritroviamo l'(in)evitabile ballata metal e la portentosa Hell, un old style in cui anche le linee vocali trovano il perfetto equilibrio al di sopra di stop and go e riff graffianti. La traccia sembra voler segnare la via da percorrere, rincorrendo una miglioria di volumi e assestamenti in post produzione, che a tratti sembrano definire eludibili dispersioni sonore.

Infine a chiudere il debutto è una stranita ghost track, anticipata dal rock pesante della titletrack, trascinante e convincente nella sua semplicità hair, composita e per certi versi coraggiosa per il valore old che intende trasportare. Insomma un disco che se fosse uscito negli anni 90 avrebbe fatto il botto, a differenza di oggi in cui si assesta in quell’oceano di proposte in cui è difficile orientarsi.

Tracklist

1. Anger
2. Bitch Witch
3. It Comes Back Real
4. Just to Kill You
5. Killer Instinct
6. Painless Pain
7. Dark Soul
8. Hell
9. Signs Preyer