Solidamòr

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Appoggiati dalla sapiente regia curata dall’etichetta discografica Akwaba, il panorama musicale italiano si arricchisce di una perla nel deserto: i Solidamor. Ritmo e Allegria in un crocicchio di stili che ci guida in un’escursione sonora di buon livello.

Un magnifico sound reggae dub, che tanto ricorda i primi Casino Royale, apre il primo full-leght del promettente gruppo. Un disco che spalanca la finestra sull’ arte patchanka, costruita attorno a ritmi rock, ska, rumba e altre miscellanee sonore che riescono a convivere perfettamente attraverso gli strumenti della band. Il viaggio nel mondo dei Solidamor segue le tracce dei francesi Zebda, con lo ska rock di “bonjour”, trainante brano, contenente un enclave rocksteady che attraversa il cantato franco-italiano. I fiati di Michele e Iasko escono alla distanza in brani come “Balababe” in cui emerge un ottimo arrangiamento, e “Paradiso per noi”. Quest’ultimo è senza dubbio il brano più accattivante, potenziale singolo easy listening, che racconta la storia di un timido amore con il più classico dei ritmi in levare.

Ascoltando il disco ci si rende immediatamente conto di come la band voglia perseguire l’idea di meltin pot sonico, rafforzato e armonizzato dall’edotto uso dei linguaggi differenti. Un esordio che risulta capace di contenere le svariate pregresse esperienze degli otto musicisti, che portano con sé ritagli di Vallanzaska, Matrioska, Shandon e molti altri.

La patchanka torna a vivere dapprima con l’anima di rumba latina nel brano “Aeroplano”, in cui il canto del poliedrico Andrea Ricci ci riporta alle spensierate sonorità silvestriane, e a seguire con il più o meno esplicito omaggio all’arte di Manu Chao con “la guerrila y la bebida”. Le sorprese però non finisco di certo qui, quando meno l’ascoltatore se lo aspetta ecco tirare fuori dal cilindro un esplorazione acuta del dialetto campano, con “int’o scuro” e all’idioma britannico con la bluesbeateriana “stay my side”. L’album si chiude con il bis dei Solidamor al Rolling Stones di Milano, track alla quale è accodata la spagnoleggiante ghost track, inno alla voglia di vivere la musica, spirito di allegra vitalità.

Insomma… siamo di fronte ad un buon prodotto, che appare come un mosaico di armoniose canzoni, che hanno la curiosità di essere state registrate all’interno di un mulino che si nasconde nelle fotografie all’interno del book, fatto di foto e citazioni grafiche che accompagnano i testi scritti a mano, funzionali nel guidare l’astante nell’iter eterogeneo della band. Quindi se volete un disco noioso, banale, rigido e fedele a se stesso…cambiate strada! I Solidamor sono un gruppo di talento sui generis che riesce a trasmettere vitalità, gioia e bizzarria.