Solrize “Mano cornuta”, recensione

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Devo dire il vero…a guardare la corver art di Mano cornuta sono rimasto a lungo perplesso. Nessuna chiara connotazione grafica, ma solo una confusiva opera illustrativa che, pur nascondendo tratti interessanti, sembra penalizzata da una stranita decisionalità, peggiorata poi dall’infelice titolo italico. Fortunatamente però, proprio come dimostra questo quartetto viennese, l’abito non fa sempre il monaco, in quanto proprio con questo full lenght il combo rocker riesce ad andare oltre l’approccio estetico, dimostrandosi capace di proporre una buona ed insana derivazione di rock.

A tessere la tela dei Solrize è la Go down Record, qui viatico comunicativo per una band musicalmente matura, ma che ancora risulta alla ricerca della giusta quadratura di un disco che comunque diverte sulla lunga gittata, ma che manca di una vera e propria vetrina da cui osservare il reale impatto del platter stesso.

Dopo un fulminante e breve intro, l’ascoltatore viene gettato a forza nel magnifico stoner riff di Endurace, potente e granulare overture che ospita un persistente e duraturo lavoro al drum set, da cui emerge una linea di cantato che di contro alle aspettative si presenta in style heavy 80. L’attenzione ricade in maniera naturale sul guitar solo, che funge da passaggio al rock di Blue Sky, forse meno a fuoco per il suo ostentato easy listening.

Con le parole del diavolo torniamo però sulla giusta via, attraverso un attacco Qotsa dall’ottimo appeal. Se poi con la titletrack siamo di fronte ad un aurea losangelina tra Peppers e Black LAbel Society, approdiamo a I am the warrior, annoverabile tra i brani migliori dell’album, grazie alla sua perfetta rapidità esecutiva e ad un’ottimale mescolanza di heritage music e nuove sonorità, che trovano nel rallentamento finale un ponderato ed inquieto atto preparatorio agli echi distorti che si diluiscono con Eternal Lie. Da qui le sensazioni easy Dazing si appoggiano sulle bacchette di Ode to the nose, la cui struttura sonora viene caricata su interessanti impalcature sonore.

I ritmi si soffermano poi a pensare con Casampulga, che finisce per ripulire le precedenti scorie in un on the road strumentale, pronto a spegnersi nel battito cardiaco di Law of the dead, atto di chiusura di un disco che, pur convincendo, trapela ancora le indecisioni esecutive di una band che per non perdersi dovrà, a mio avviso, piegarsi a sonorità più decise.

Tracklist:
1. Intro
2. Endurance
3. Blue Sky
4. Speak of the Devil
5. Mano Cornuta
6. I Am The Warrior
7. Eternal Lie
8. Ode To The Nose
9. Enemy
10. Evil Eye
11. Casampulga
12. Rising Up Again
13. Law Of The Dead