Sparkle in grey “Thursday evening”, recensione

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Change what you cannot accept, do not accept what you can chage; When Injustice becames law resistence becames duty

La concettualità di musica sperimentale non possiede confine ben definiti; le strutture sonore in grado di superare iI limite dell’ovvio vivono e sopravvivono nel circuito al di fuori del cosiddetto mainstream, in maniera coraggiosa e pura. Le note che esistono all’interno di questo habitat non sono sempre di facile impatto, ma chi ascolta questo genere di musica sa di vivere emotivamente al di fuori della banalità, portando con sé il rischio di intenti seminali e pallidi estremismi narrativi che, non di rado, ritroviamo in una rete informatica affollata di intenti musicali non sempre eccelsi. Quindi, se avete idea di affrontare il mondo degli Sparkle in Grey sappiate che la porta che andrete ad aprire si trova esattamente tra il post-indie-rock e lo sperimental jazz.

La caratteristica profondità evocativa della band è inizialmente dettata dal basso di Der Mauer che, sin dalle prime battute, appare elemento fondante di una metrica narrativa composita e arguta. Mentre il laptop di Matteo Uggeri pone risalto all’aurea mediterranea della chitarra, qui improntata su andamento post rock, l’incontro sonoro tra il violino e le docili pelli di Riva giunge ad anticipare un intreccio armonico pronto a raccoglie spezie sonore in modalità fortemente trasversale, attraverso riff ed intuizioni vicine al mondo libero del free, sensibilmente intercalato su sapore alt.

Una mescolanza di melanconia e destabilizzazione ben metaforizzata sia dall’ indecisa rabbia espressa in cover art, sia dal desolante sampler di Boiling Umiliation, probabilmente annoverabile tra le migliori tracce dell’album. L’uso nereggiante delle corde ci avvolge in una finzione narrativa, che sembra voler nascondere la mancanza di quiete e regolarità, proprio come dimostrano le note replicanti e i piccoli accenni noise che fungono da interessante struttura narrativa. L’animo solido che si cela dietro allo sguardo impaurito dell’inlay, ben si abbraccia al climax sonoro non troppo distante dagli intenti espressivi di quel “dio astronauta”, che ha spesso definito evoluzioni emozionali piacevolmente ciclotimiche. La perfetta chiusura ci dischiude al turbamento di Of Swift flight e Gridaohao, atto visionario in grado di esprimere un accostamento tra sperimentazione controllata e direzioni di più facile lettura.

L’oscurità dark di Soft city si lega poi al frastagliato continuum narrativo, attraverso la lunga espressione sonora della titletrack, in cui si possono ritrovare tout court gli aspetti compositivi del quartetto allargato, pronto a dimenticare sensazioni orientaleggianti, per ritrovarsi tra le note dei God Machine nella superlativa rivisitazione di Piano song, che rimesta stilemi art-rock in perfetta linea con le considerazioni neo classiche, pronte a lanciarsi in un disco in grado di non dimenticare fibre new wave rivisitate all’ombra di un contenitore sociale tanto decadente quanto stimolante.

Tracklist

1. Der Mauer
2. Boiling Humiliations
3. Gridaohao
4. Of Swift Flight
5. Song For Arch Stanton
6. Soft City
7. Thursday Evening (Ieri)
8. The Piano Song
9. Der Harbour