Steel Flowers “Kleptocracy”, recensione

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Cleptocrazia è un termine derivante dal greco (“kleptō” (rubare) e kratos” (governo)) ed è un vocabolo adottato per indicare una modalità di governo deviata, che rappresenta il culmine della corruzione politica ….

Una cover art nera, semplice e per certi versi retrò. Un’aria fumettistica dei tardi anni’70 che torna con perfettibili linee semplici e stilizzate, in cui il viso di un colletto bianco si specchia nei propri orrori; metafora grezza, ma efficace, dell’ultima fatica targata Steel Flowers.
La band, attiva dal 2002, si ripropone all’underground rock sotto la protezione della Red Cat Records, abbandonando parte delle ridondanze street, per donare uno sguardo indurito alle nuove composizioni. Dieci tracce ragionate, in cui la deriva sociale del nostro mondo viene rinverdita da sentiti atti d’accusa, pronti a riportare alla mente riferimenti letterari più che mai attuali.

Il seguito di 12 tales from the life of Mr.Someone assume, infatti, le vesti di un vero e proprio concept, in cui etica, sopravvivenza e degrado si intrecciano come eliche di un dna ormai calcificato sulle costole di un mondo nero e deformato. Cinismo e forza espositiva che si mostrano sin dalle prime note di Oxymoron 4991, i cui rimandi al mondo di 1984 vengono esplicitati da una lirica ermetica e visionaria, alimentata da suoni carichi di emozioni. Un richiamo elettro prog che da voce alle distorsioni narrative ed inquieta dell’opener, in cui l’impronta grezza del drum set riporta alla mente il mondo heavy di inizio anni ‘90.

Il disco si presenta sin dalle prime battute ricco di groove, pronto a vestire il proprio motore primario mediante stilemi rock e una sorprendente originalità del cantato. Infatti, la sei corde, viaggiando su binari elettro-retrò, sembra voler dominare le linee del frontman e gli spazi ideali delle venature progressive, fondamentalmente legate alla nu- tendencies di inizio secolo.
I cambi direzionali (non sempre ideali ) si mostrano come coraggioso marchio di fabbrica, proprio come si evince dalla ascolto di Kick your ass, esplicito richiamo a quella golden age del glam rock.

Riff and roll che si armonizzano alla perfezione con le corde vocali di Riz, reale valore aggiunto della band, abile nel suo narrato a richiamare un inevitabile headbanging, ridefinendo i contorni di un naturale parallelismo con i primi Guns’n’Roses.
La band arricchita da una timbrica vocale che a tratti ricorda gli spigoli di Kai Hansen, qui ammorbiditi dalla leggerezza in Motley slyle, pare al servizio di una cocktail vincente, che lascia (forse) dietro di sé possibili miglioramenti in fase di post-produzione, delineando però un album vero e…quasi analogico, che trova nelle sue “illusioni” una serie di rimandi al mondo rock tra ballate e intensità.

Tra i più riusciti episodi non possiamo che indicare Tired & Bored, dominato da una linea di basso ben annodata alle armonie, e la conclusiva Tank man cadenzata e ricca di influssi in grado di avvicinare hard rock patinato con sviluppi (pseudo)rap-core.

Insomma, un viaggio dai sentori crossover, in grado di rendere dinamici i confini che tendono a delimitare il genere di riferimento, mostrando arte attentiva e risvolti realisti.

TRACKLIST

01. Oxymoron 4991
02. Pauper
03. I’ll Kick You Ass
04. Hallways of Illusion
05. Break my Blues
06. Tired & Bored
07. Ruled By Evil men
08. Workin’Monkey
09. R.I.P.
10. Tank Man