The D “Alf”, recensione

thed.jpg

Una semplice lettera estratta (non) a caso dall’alfabeto. Una lettera fisica che, oltre ad essere specchio dell’anima, intesa come naturale energia celata, sembra appartenere alla predisposizione verso un accorto senso pratico e ad una buona sopportazione delle fatiche. Quelle stesse fatiche che hanno permesso ai D di giungere alla chiusura di un cerchio emotivo, ricreato attorno a cinque fulminee tracce promosse dalla R)esisto.

Il quartetto 4D (Dabbler, Danger, Damned e Dandy Foam) sembra voler, già dalla sua genesi, raccogliere una sintetica celata provocazione (The D, nello slang americano corrisponde ad una delle tante metodologie metaforiche di indicare il termine “Dick”). Provocazione mescolata ad una buona dose di ironica follia (la scelta del nome sembra essere maturata dalla urla di Jack Black nel film Tenacious D and the pick of destiny).

La band campana arriva a licenziare questo interessante Extended Played, forte di una corposa propensione brit indie, alimentato da idee, energia convogliata in entusiasmo e animosità espressiva. Un disco breve e vivace che sembra anelare ad un mondo intriso di mainstream, alimentato da strutture alt, tra Artic Monkeys e Kasabian, intesi come processi di rimando relazionale, senza però voler apparire come saldo fondamento espressivo. Infatti, ascoltando le tracce come D is for dingo ci si rende immediatamente conto delle buone prospettive di questa band, grazie ad un sound in battere che per la sua spensieratezza esecutiva, a tratti sembra ricordare i NoFx nei loro dissennati momenti ska. Un divertimento puro che si rinvigorisce nell’aurea vintage di Man of clapham, in cui l’enclave in clappinghands ben si sposa con la spatolante batteria, fulcro stabile di un aurea d’oltremanica ben visibile anche in First man (Almost on mars).

Se poi The book of guinness (alt.take), con i suoi ridondanti arpeggi, non sembra arrivare al giusto centro, è con Abbott & Costello che si torna sul legittimo sentiero narrativo di un piccolo disco dagli accordi aperti e schizzoidi, interposti tra gli spazi espositivi al servizio di un poprock d’Albione.

Tracklist
1 First man (almost) on mars
2. D is for dingo
3. Man of clapham
4. Abbott & Costello
5. The book of Guinness (alt.take)