Thee Mutandas

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Due perfetti sconosciuti, due punti interrogativi, due nomi fittizi.
Si chiamano Thee Mutandas e (andate a vederli in presa live!!) fanno dell’ironia, del sarcasmo e del surrealismo fuori linea, la loro base di partenza. Il duo, che potrebbe ispirare buone sensazioni anche al mitologico Freak Antoni, non sembra voler concedere l’anima al rock demenziale, nonostante un approccio estetico bislacco ed un songwriting davvero folle.

Infatti, le 13 tracce di questo esordio pongono l’accento più sulla composizione musicale che su i contenuti, mostrando un interessante approccio punk rock (finalmente) lontano dalle banalità proto adolescenziali. Niente pop, niente edulcorazioni, niente fronzoli… sono un ottimo punk fatto come Sid Vicious comanda. Pochi accordi, intraprendenza e strafottenza, che fanno riemergere sensazioni perdute di un movimento che non c’è più.

L’anima ‘77 si amalgama a idee alternerative e prettamente lo-fi, in un continuum narrativo che rispecchia la voglia espressiva di James Johnson e John Jameson. La dimostrazione pratica di ciò sto tentando di descrivere porta il nome di 1 2 3 4, traccia in cui il perfetto attacco ci introduce nella sporcizia musicale di un riff semplice, genuino e perfetto.

Il percorso imposto dalla band appare subito coinvolgente e ben definito, tanto da accentuare un’inevitabile desidero di pogare (Tokio fuck you) in preda ad un dolce insania mentale ( Chicken in the Kitchen ). Se poi i ritmi rallentano solo a tratti (I die today ), appare vivo il tentativo di mordere l’acceleratore, tra intuizioni geniali e vocalizzi che portano alla mente il Lyndon dei Pil, proprio come accade in No trip for cats. La continuità compositiva trova poi terreno fertile nella visione ipergrind di Burning my head, da cui partono sapori stoner, in grado di anticipare il curioso call & response di I don’t like you.

Non mancano poi né svisate brit pop in salsa sarcastica (My girlfriend), né stop and go piacevoli e caricati d’energia (Asganaway), anche se il meglio di sé la band sembra darlo su spazi espositivi ben definiti, proprio come accade nella post pistoliana i’m not stupid e nella splendida titletrack in cui il drumset si incastra sulla partitura per poi accogliere una buona enclave chitarristica, incisione emotiva di una traccia che ossessivamente ripete la genialità già provata dai primi Exploited con la loro Sex and Violence.

Insomma un disco perfetto per coloro che sentono pesantemente la mancanza della genialità unpolitically correct di Malcom McLaren… un disco che appena finisce si ha l’immediata voglia di riniziare!

1. 1 2 3 4
2. Asganaway
3. I’m Not Stupid
4. Son of a Bitch
5. Burning My Head
6. I Don’t Like You
7. My Girlfriend
8. Everybody Dances With His Granny
9. Fake
10. Tokio Fuck You
11. Chicken in the Kitchen
12. I Die Today
13. No Trip for Cats