Thione Seck – Orientissime

copertina di Orientissime di Thione Seck

Quando parliamo di World Music ci vengono in mente musicisti europei o americani che ricercano sonorità esotiche frugando nella tradizione dei cinque comtinenti. Questo disco è un caso differente: si tratta infatti di un affermato artista africano che fonde le sonorità della sua tradizione con quelle egiziane e indiane, in una ricerca al tempo stesso artistica e spirituale. Il risultato è notevole, e merita il successo di critica e di vendite che sta ottenendo fuori dall’Italia.

Ma andiamo con ordine. Thione Seck viene dal Senegal, è un cantante affermato e raffinato. Negli anni ’70 ha fatto parte, tra l’altro, di due orchestre protagoniste della storia della musica senegalese e west-africana: la Star Band e l’Orchestra Baobab. E’ nato in una famiglia di Geuweul, i griot dell’etnia Wolof, ed è mussulmano seguace del Muriddismo di Cheikh Amadou Bamba. La sua voce è bella e caratteristica, giocata sui toni alti e sulle sonorità gutturali tipiche della lingua Wolof, ma più dolce e delicata di quelle di Omar Pene e Youssou N’Dour.

Orientissime è un progetto ambizioso, registrato a Bombay, Dakar, il Cairo, Parigi e Londra, prodotto da Ibrahima Sylla per la Syllart, pubblicato in Francia dalla nuova etichetta Cantos e in Inghilterra per la Sterns, con un titolo diverso: Orientation. Io possiedo l’edizione francese.

I brani sono tutti scritti da Thione Seck. Gli arrangiamenti sono invece il frutto della collaborazione tra Seck, un arrangiatore arabo e uno indiano, e sono davvero straordinari. Beneficiano di una vera e propria orchestra eterogenea, composta da musicisti senegalesi, arabi e indiani. Purtroppo nelle note di copertina non sono pubblicati i nomi dei musicisti e i relativi strumenti, ma sono chiaramente udibili una imponente sezione di archi di matrice araba, una sezione di legni, i sabar senegalesi, i darbuka e i tamburi a cornice egiziani e le tablas indiane, la chitarra, i liuti xalam, oud e sitar, il Mridangam, i flauti, il basso, i cori senegalesi e altro ancora. L’impatto di questa grande orchestra è incredibile.

Il canto solista è affidato a Thione Seck, affiancato in un brano, Assalo, dall’indiana Bombay Jay e in altri due, Yaye e Woyatina, dall’egiziana Rehab, entrambe vocalist straordinarie e degne rappresentanti della tradizione della musica popolare dei loro rispettivi paesi.

Il risultato è un disco davvero bello, originale e raffinato, una musica in cui le tre influenze originali si fondono in modo armonico e incredibilmente coeso, senza che mai una delle tre prenda il sopravvento. La scaletta dei brani differisce tra l’edizione francese e quella inglese. Comunque sia è per me impossibile individuare, tra i dodici brani che compongono l’album, anche soltanto un punto debole.

La trama ritmica, le armonie sonore complesse e gli arrangiamenti sofisticati sono soltanto alcuni degli ingredienti di un progetto che possiede, oltre al suo notevole valore artistico, anche una forza spirituale difficile da descrivere ma evidente sin dal primo ascolto. Insomma, un gran disco davvero, di cui mi sento di consigliare l’acquisto non solo agli appassionati di musica africana, ma anche a chiunque sia curioso rispetto ai percorsi della ricerca artistica della musica popolare contemporanea.