Tindara “Quando parlo urlo”, recensione

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Dico il vero quando affermo che non conoscevo il progetto Tindara, come sono sincero nel definire la cover art di questo disco tanto bella e curata quanto fuorviante. Infatti, visto l’approccio grafico, mi sarei aspettato un insieme di sonorità stancamente rock, figlie di quell’Italia che si fa fagocitare dalla passività radiofonica, senza mostrare mai la voglia o la necessità di rinnovamento.

Poi però quando dall’info-sheet ho appreso che dietro all’idea di Terenzio Valenti si nascondeva lo staff dei Marlene Kuntz, qualcosa ( di soggettivo) in me ha premuto il bottone dell’on.
L’approccio che sarebbe stato forse fuorviato dalle nude e crude sensazioni iniziatiche, avrebbe potuto dare la spinta sbagliata ad un disco che, ad onor del vero, offre una visuale piacevole dell’italico underground. Tanto è vero che proprio i primi passaggi alle sei corde di Come dici tu, oltre a richiamare lo Xabier Iriondo di Non è per sempre, definiscono un giro dominante per un brano semplice, piacevole e in perfetta armonia con la vocalità caratteristica di Valenti. One man band che intraprende, anche dal punto di vista compositivo-lessicale, un’aurea nereggiante, nel tentativo di rifiuto all’omologazione espressa in Ho scelto il nero. Dal brano emerge una curiosa forza alimentata dal groove in crescendo, segnalato tra riff intra-testuali, enclave distorsive e rabbia vocale.

Se poi brani come Un minuto e Sogna che ti passa appaiono gli anelli deboli del full lenght, di ottimo impatto si mostrano le parti heavy di Sopra la delusione, in cui ritroviamo un inusuale connubio tra rumorismo conclusivo e la delicatezza del violino.
Da qui si riparte per attraversare lo stacco calmierante della titletrack, da cui emerge la convinzione che siano le parti vocalmente più tirate a persuadere al meglio.

Ad ottimi livelli espressivi appare anche Schiuma, grazie al suo andamento grezzo e diretto la cui ispirazione verdeniana ci porta ad una trasmigrazione premeditata verso un mondo alternative dal finale aperto. Non mancano poi né bridge grunge (Vescica), né delicate esposizioni ben espresse tra il bianco ed il nero della strumentale Upupa, che va ad anticipare la cupezza di Consapevolezza, atto di regolazione emozionale che chiude un disco rifinito ed immediato…sintomo di un debutto promettente

Tracklist:

1. Come dici tu
2. Ho scelto il nero
3. Sopra la delusione
4. Quando parlo urlo
5. Stones
6. Un minuto
7. Sogna che ti passa
8. Schiuma
9. Vescica
10. Upupa
11. Consapevolezza