Toni Moretto “Il sole dagli occhi”, recensione

moretto.jpg

C’era una volta a Marghera un ritmato Ossigeno spinto da quella che, durante i primissimi anni ’90, si auto-definì Na Bruta Banda. Si chiamavano Pitura Freska è furono un vero e proprio fenomeno musicale che, assieme ai genovesi Sensasciou, riuscirono a creare un movimento roots in grado di legare il ritmo cadenzato del Raggae al vernacolo locale. Tra i membri fondatori della band c’era anche Toni Moretto che, lasciata la band prima di vedere il leone di San Marley maturare sui palchi italiani, si ritrovò spinto da una coscienza sociale, mescolata alla voglia di divertire e divertirsi in maniera diversa.

Toni infatti, dopo una serie di inaspettate scelte di vita, ha in questi anni continuato a masticare il ritmo in levare, tra una serie di infinite collaborazioni che oggi trovano ne Il sole dagli occhi un punto nodale della lunga esperienza professionale.

Il disco approda ( e non potrebbe essere che così) proprio in quella terra in levare, qui impreziosita da una corposa lista di cosiddette guest star estrapolate da realtà quali One Drop Band, Bangarang e W Vibes, pronte a raccontare i dolci colori del reggae, proprio come accade sin dalle prime battute di La voce, il cui ritmo ben cadenzato ci porta alle onde sonore degli Africa Unite. L’album si sviluppa su di un binario ben definito, arricchito dai sentori veneti che tra misure increspate, va ad offrire tutte le sfumature del genere, senza osare in sperimentazioni non attese. Dunque, se siete alla ricerca di qualcosa di seminale o chiaramente ricercato, potete terminare qui la vostra lettura. Qui si parla di reggae root vero e proprio che prende corpo tra intarsi immediati ( IL sole dagli occhi) e voci libere (Cantare).

Il disco non sempre convince, come dimostra Lei e i suoi eccessivi giochi di riempimento definiti da sbavature armoniche non molto a fuoco, ma i fisiologici alti e bassi si riassestano con agilità attraverso le profondità del suono espresse da Vedi, vedi, e con la coinvolgente Sabbia dall’Africa, che porge omaggio al continente nero e alla sua gente, qui raccontata attraverso le dolci ed ondulate note.

All’interno del songwriting (talvolta perfettibile) è spesso l’occhio il centro del mondo espressivo di Toni Moretto, proprio come dimostra Quando sei, storia d’amore in cui l’influenza ispanica offre intuizioni variabili, tra la nudità del levare ( Solisarietà) e sguardi sociali contro una società ormai persa. Sull’onda narrativa arriviamo infatti all’eticità di Per illuminarmi, una danzante musicalità che si ispira all’ iniziativa M’illumino di meno, da qualche anno finalizzata alla sensibilizzazione al risparmio energetico.
Il disco volge al termine con la piacevolezza di Nell’aria , in cui il sapore mediterraneo si fonde ad ritmo stoppato, arrivando a definire una carezza sonora, che anticipa il reprise in dub version diVedi, Vedi, atto di chiusura di un disco pronto a regalare colore e calore.