Tre allegri ragazzi morti “Inumani”, recensione

inumani

Torna la Tempesta e torna portando con il suo vento undici nuove canzoni dei Tre allegri Ragazzi morti, giunti alla loro undicesima fatica.

Un disco che, da fans della prima ora, non mi ha convinto sino all’osso, ma mentirei se dicessi che non mi è piaciuto…e non parlo della mia soggettività richiusa nella gabbia dalle fitte grate, ma del mio lato oggettivo in grado (si spera) di osservare in maniera disincantata e critica.

Nonostante tutto, però, forse per la prima volta, mi sento di dover criticare i miei amati Tarm a causa di una doppia scelta stilistica che mi ha poco convinto: la cover art in cui la sinergia tra immagine e vettorialità non pare sposarsi alla perfezione e il singolo “troppo radiofonico” ed eccessivamente mutuato dall’arte espressiva di Manu Chao.

Ma andiamo in ordine.

Il nuovo mondo dei Tre allegri Ragazzi Morti riparte da Persi nel telefono, traccia d’overture in cui troviamo sentori alternativi che, tra distorsioni e coretti poppeggianti, ci invitano in una realtà radicata nell’espressività storicizzata di Mostri e normali; infatti la traccia introduttiva sembra volerci restituire una band in piena salute, oggi aperta ad un inatteso featuring con Lorenzo Cherubini. L’inattesa collaborazione porta in dote il già citato singolo. In questa grande città appare, tra luci, ombre e ritmo ondulato un semplice divertissement dal facile richiamo, proprio come accade con le note di C’era una volta ed era bella, riuscita composizione alimentata da una piacevole spensieratezza narrativa. Come da tradizione la lirica va a ergersi mediante intrecci posti attorno a strutture veriste e sensazioni dirette quanto l’approccio ritmico che entra in testa per non uscirne più. La lirica, impreziosita da un ottimo uso del backvoice e da un ritmo fondamentalmente easy, inizia a donare l’impronta evocativa dello storytelling tipico di Toffolo e compagni, per poi trainarci verso le sensazioni di Libera, attraverso la quale si dà fiato a sentori vintage, delicatamente animati da voce filtrata e profondità bel cadenzata.

Ad dare continuità al mondo fumettato dei pordenonesi è poi E invece niente, il cui il ritmo spezzato dal levare si sposa alla perfezione con le pulite note della sei corde ed un songwriting stralunato. L’ottimo mood prosegue poi con Ad un passo dalla luna, a mio avviso una tra le composizioni più interessanti. Una struttura emozionale, visionaria e melanconica, narrata da un riff melodico e metodico, alla cui base troviamo un pattern avvolgente che, sin dalle prime note, conquista con la sua naturale dolcezza. La composizione impreziosita da un’enclave chitarristica e da rimandi lontani, si offre come sentiero sognante posto ai margini di un mondo onirico, che torna nel beat de L’attacco con il suo sound tipicamente Tarm.
A chiudere l’album sono infine le distorte note di La più forte, filtrata canzone dal sapore retrò, e la danzante melodia di I miei occhi brillano, straordinario pop country, che… presumo possa diventare un cult delle set-list, grazie ad un oscillante ritmo disincantato e alle remiscenze Smiths.

TRACKLIST

Persi nel telefono
In questa grande città
E invece niente
Ruggero
La più forte
Ad un passo dalla luna
C’era una volta ed era bella
I miei occhi brillano
Libera
L’attacco
Disponibile