Willard Grand Conspiracy – Paper cover stone recensione.

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Antefatto

Quando la scorsa settimana sono entrato in aula, i miei studenti sono rimasti sorpresi e spiazzati dal fatto che, quella mattina, avevo deciso di lavorare su Willard Grant Conspiracy. Intorno a me sguardi vacui e spersi, sopraciglia inarcate e mani al mento. Mi è bastato poco per capire che dentro gli adolescenti di oggi, esiste una profonda voragine relativa alla cultura musicale.

Dopo aver appurato che denominazioni quali Sparklehorse, Marcy Playground, Sufjan Stephen o Wilko, per i più rappresentavano solamente suoni cacofonici di una lingua sconosciuta, ho deciso di anticipare la recensione di “Paper Covers Stones” da una biografia bonsai utile a capire in poche righe il mondo WGC.

Biografia essenziale

Willard Grant Conspiracy è un eclettico progetto nato in quel di Boston a metà degli anni 90, dalla geniale ed alternative verve artistica di Robert Fisher, vero fulcro artistico delle variegate jam session semi-acustiche che ne caratterizzano lo sviluppo, come in una sorta di naturale location per i curiosi ed artisticamente policromi ensamble tra cantautorato e alt-country.

Paper Covers Stones

L’ultima fatica dei Willard si nasconde dietro un digipack cartonato, che ricorda molto l’estrosità dei GSYBE!, sviluppata su un coriandolato semplice e pienamente in sincrono pittorico con le semplici e minimaliste illustrazioni della cover art.

Proprio la back cover, con la sua lavorazione grafica, sembra voler definire il loop sonoro che vive attraverso le 13 tracce, dando così l’impressione di volersi chiudere a cerchio, nel tentativo di trovare una proto perfezione che, nonostante buoni episodi, non si riesce ad ottenere. Il consueto punto forte di WGC è di certo il songwriting, bene definito attraverso la voce particolare di Robert e gli arrangiamenti semplici ed essenziali, ma di assoluta atmosfera.

La problematica che sembra emergere all’ascolto, sembra essere un sound troppo simile a se stesso che soprattutto nella seconda parte del disco finisce per avvolgerci in deja-vù sonori.

Felici sono gli episodi iniziali di “Soft Hand” e “Skeleton”. L’incipit si assesta sul territorio acustic indie, tra una delicata dolcezza compositiva, ingemmata da proto assoli e dalla viola di David Michael Curry, che con i sui interventi musicali dona alle composizioni una vera e propria miglioria sonora. Con “Skeleton” invece si rappresenta maggiormente l’anima alternative rock dei Willard, sempre alquanto moderata e pensosa, ma che a tratti sembra ricordare le soft ballad dei Marcy Playground. Il viaggio sonoro prosegue con l’alt-country di “Vespers”, in cui la timbrica si abbassa di tono verso una sorta di “House of rising sun” modernista, e gli accenni noise di “Preparing for the fall”, in cui gli archi e l’acustica da sei corde si incontrano in pericolosi e arrischiati incroci. Il disco, ha probabilmente il limite dell’eccessiva lunghezza, che finisce per svilire tracce preziose come “Mary of the Angel” e “Lady of the snowline”, che si presentano come nobili composizioni, adatte a diventare colonna sonora di quelle arcadiche immagini che la musica di Mr.Fisher riesce sempre a donare ai fan.

Tracklist

1. Soft Hand
2. Skeleton
3. Scars
4. Vespers
5. Ghost Of The Girl In The Well
6. Mary Of The Angels
7. Preparing For The Fall
8. Fare Thee Well
9. Painter Blue
10. No Such Thing As Clean
11. From A Distant Shore
12. Lady Of The Snowline
13. The Ocean Doesn’t Want Me

Tour in Italy 2009

5th october: casa 139, Milano
6th october: da confermare
7th october: Sala Vanni Florence + cesare basile duo
8th october: Karemaski Arezzo
9th october: Spazio 211 – Torino + cesare basile duo
10 october: TBA