Francesco De Gregori

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“…Avevo pochi anni e vent ‘anni sembran pochi, poi ti volti a guardarli e non li trovi più…” è questa l’impressione che mi è balenata davanti agli occhi, quando ho visto salire sul palcoscenico del Genova Live, il grande De Gregori. Infatti, dall’ultima volta in cui vidi dal vivo il cantautore romano, sono trascorsi più o meno quei quattro lustri di cui narra “Bufalo Bill”. Erano gli anni ottanta e le colline masonesi accoglievano uno dei miei primi emozionanti concerti e da allora sono trascorsi molti anni, molti dischi e moltissimi concerti, ma De Gregori sembra essere rimasto lo stesso, dietro al suo cappello e la sua mise agreste, fornito di chitarra acustica e fisarmonica, nell’eterna ricerca di rivisitare i propri classici, donando loro nuova linfa vitale. Questa continuo ossessivo tentativo di evitare la più classica delle autocelebrazioni, talvolta però assume la valenza di una vera e propria sfida con il pubblico, che ricerca in vano di rincorrere le note, nel tentativo di cantare le splendide poesie che solo grandi artisti come Francesco De Gregori riescono a coniare. Il pubblico, oggi come allora, rimane disorientato dagli arrangiamenti di Guido Guglielminetti, l’abile “capo banda” capace di ricreare attorno ad una lirica, tempistiche sonore assolutamente inaspettate. Ma chi conosce e ama Francesco non si stupisce e si adegua ad uno spettacolo fatto di poche parole e molta musica. Il repertorio è vastissimo ed è quindi impossibile, per ovvietà di cose, riuscire ad accontentare tutti.

Il lungo viaggio ha inizio con le recenti “Vai in Africa, Celestino!” e “Tempo reale“,per poi proseguire attraverso il recente passato di “Il bandito e il campione”, “L’agnello di Dio”e la bellissima ”La valigia dell’attore”,sino ad arrivare all’angolo della nostalgia, proprio come lo definisce l’autore stesso:“A Pa’”, dedicata a Pier paolo Pasolini, la romantica “ Alice”, il sound travolgente di “Titanic“ e la sempre magnifica “La leva calcistica della classe ‘68” piuttosto fedele alla partitura e agli arrangiamenti originali, a differenza di una versione reggae di “Dr Dobermann” e ad una versione quasi irriconoscibile di “Generale”.

Insomma, tutto ciò fa trasparire come un live di Francesco De Gregori esula dalla banalità e dalla ordinaria performance che ci si può aspettare, per la realizzazione di uno show che regala i brividi per una delle più belle canzoni della musica italiana “La donna cannone”, ma profonde anche aspetti forzatamente tralignanti come la versione stranita di “La storia” che porta a conclusione un concerto di qualità altissima.